Io spero che Elly Schlein abbia chiesto il copyright, perché con quel «non ci hanno visto arrivare», ha colto lo spirito profondo della storia e di questa fase (si diceva un tempo) di questo paese, che è stato in coma vigile negli ultimi 40 anni e che da un po’ di mesi che invece sta risorgendo, e non adopero il verbo a caso. Cosa centra questa premessa con il ponte sullo Stretto di Messina? Spero che tutti/e sappiano che il ponte sullo Stretto di Messina è la «opera bandiera» del Governo Meloni come fu del Governo Berlusconi. Ci abbiamo messo (noi ambientalisti e comitati locali) dieci anni dal 2003 al 2013 per spazzarlo via, azione virtuosa del Governo Monti. Nel 2023 hanno riesumato la salma del cosiddetto progetto definitivo elaborato nel 2011-2012 dal General Contractor Eurolink (capeggiato da Webuild) quello della diga di Genova per capirci. Hanno rimesso in piedi quel carrozzone della Stretto di Messina SpA, affidandola ad un uomo di sicura s/fiducia, Petro Ciucci, già amministratore delegato della SdM SpA dal 2002 al 2012, ed ora di nuovo ad della «nuova» SdM SpA.

SIETE ANCORA POCO CONVINTI/E? E quando vi diciamo che il maggiore investimento della Legge di Bilancio 2024 è il ponte sullo Stretto di Messina con 11,6 miliardi di euro già impegnati da quest’anno al 2032, c’è veramente da riflettere. Il governo Meloni non sa fare nemmeno i conti perché nel Def 2023, il costo stimato della madre di tutte le opere è di 14,6 miliardi di euro (compreso il costo delle opere ferroviarie ma non di quelle stradali. Immaginate almeno lontanamente cosa sia (non) fare un’opera che è dichiaratamente irrealizzabile perché sgangheratamente avvenieristica e smaccatamente ignorante dei rischi esistenti sull’area di intervento? Sì, vogliono costruire un ponte ad unica campata della lunghezza di 3,3 km, e doppio impalcato ferroviario e stradale, sorretto da due torri alte 400 metri (4 grattacieli Pirelli di Milano, il Pirellone è alto 100 metri) in una delle zone a maggior rischio sismico del Mediterraneo e dove i venti sono tra i più turbolenti.

MI SCUSO PER LA PARENTESI, ma è bene che si identifichi l’oggetto di cui parliamo. Ri-veniamo a noi, il ponte sullo Stretto di Messina non si costruirà mai, è semplicemente irrealizzabile ma Webuild e non solo hanno già succhiato 338 milioni euro (312 milioni in studi e progetti inconcludenti e 26 milioni di euro per realizzare l’ecomostro di Cannitello) mungendo lo Stato senza fare assolutamente nulla. Hanno tentato anche di fare il colpaccio di farsi dare 700 milioni di euro di indennizzo per il recesso del 2013 dal contratto 2006 della SdM SpA messa in liquidazione. Sono stati respinti dal Tribunale delle Imprese, nonostante l’ingegner Ciucci avesse prodotto atti aggiuntivi nel 2009 che, come rilevato dalla Corte dei Conti, hanno favorito il privato.

NOTIZIONA DEL 13 MAGGIO scorso. Dall’approvazione del c.d. Decreto Legge Salvini (DL 35/2023) del marzo scorso la quotazione in borsa di Webuild è schizzata verso l’alto registrando un +20% nell’ultimo anno, +30% negli ultimi sei mesi. Io non so a voi ma a me questa notizia mi indigna. Ma come, già siete passati all’incasso con destrezza, privando la comunità nazionale di non so quanti asili nido, ospedali, scuole, e chi più ne ha più ne metta, ed ora, solo perché avete montato una colossale fake news, i vostri profitti galoppano sulla nostra pelle? Ed ora l’indignazione e come indirizzarla trasformandola in energia positiva. Non so se ve ne siete accorti/e ma sta montando una protesta a valanga che chiede solo di trovare momenti qualificati di sfogo produttivo. E’ una valanga che sta già creando un sommovimento tellurico che dal 10 giugno (dopo le Europee) si trasformerà in una crisi politico-istituzionale.

ESAGERATO, NO REALISTICO. La Cgil ha il merito a partire 2023 di impostare e condividere con 100 associazioni, all’inizio, il percorso de La Via Maestra. E’ il 7 ottobre 2023 (data sfortunatissima per la coincidenza con il massacro operato da Hamas) quando a Roma sfilano in 200mila per «cambiare il paese in nome della Costituzione». Il 25 maggio a Napoli c’è la seconda tappa, al centro i problemi legati al rischio diseguaglianze prodotto dall’autonomia differenziata e del mondo del lavoro (la Cgil ha depositato tre quesiti referendari, uno dei quali è sui subappalti «a cascata»). Bisogna essere a Napoli è necessario per spazzare via questa indecente truffa che è il ponte.

BISOGNA ESSERE A NAPOLI E PRIMA a Villa San Giovanni in Calabria il 18 maggio per dire «no al ponte sullo Stretto». Bisogna andare a sentire il 24 maggio nella sala della bandiere del Comune di Messina il coro polifonico di tutti gli esperti e studiosi che porteranno il loro contributo alla giornata di studio «Parliamo di ponte – Aspetti strutturali dell’opera». Ci saranno, tra gli altri, i professori/ingegneri Mario De Miranda, Federico Mazzolani, Santi Rizzo, tra i maggiori esperti strutturisti italiani (ingegneri delle strutture in cemento armato). Non ci hanno visto arrivare, il ponte è definitivamente archiviato, il pontefice massimo, il vicepresidente del Consiglio dei Ministri e Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini ha già abbandonato la nave blaterando di piani casa inesistenti e di leva obbligatoria (!). Sarebbe bene che anche l’ingegner Pietro Ciucci facesse le sua valige.