Un viaggio mistico e scientifico, tra storia e leggende, sentimentale e realistico. Dove insieme alla scienza, anche sapori e sensazioni narrano un territorio con i suoi vulcani e abitanti. Un modo originale per raccontare un’Italia, paese dei vulcani, dal Vesuvio all’Etna, da Stromboli ai giganteschi crateri dormienti sotto il mare – alcuni sono tra i più importanti d’Europa e più studiati al mondo.

UN UNIVERSO che è ancora tutto da scoprire. Come i quieti Colli Albani, alle porte di Roma, che nascondono un’area vulcanica estesa dalla Toscana fino all’area campana. Giganteschi serbatoi vulcanici formatisi poco meno di un milione di anni fa come i laghi di Bolsena, di Bracciano e di Martignano, «l’ennesima arteria infuocata del nostro stivale». A condurci in questa peregrinazione a metà fra rigore scientifico e attitudine sentimentale, con gustose parentesi gastronomiche, è la vulcanologa Sabrina Mugnos nel suo libro Draghi sepolti (Il Saggiatore. pp.256, euro 20), quasi un Grand Tour, un’esplorazione soggettiva sulla vulcanologia e la sua storia. Racconta dell’Osservatorio vesuviano, il più antico al mondo. Mugnos ricorda Plinio, naturalmente ma anche l’archeologo Giuseppe Fiorelli che nella seconda metà dell’Ottocento ebbe l’idea di iniettare il gesso liquido nelle cavità lasciate dai corpi carbonizzati dai pompeiani in fuga.

QUANDO IL VESUVIO esplose, in 24 ore furono espulsi circa 4 chilometri cubi di materiali. È un vulcano ancora attivo, anche se addormentato, circondato da un’area intensamente abitata: l’ultima eruzione avvenne nel 1944. È considerato «super»: la sua prima volta si registrò 39mila anni fa e il magma coprì un’area di 30mila chilometri quadrati arrivando alla penisola sorrentina e varcando gli Appennini.
Il potere dei supervulcani non si limita però al circondario: l’effetto delle eruzioni coinvolge l’intero pianeta a causa degli scompensi climatici che innesc. Altre eruzioni dello Sterminator si ebbero 29mila e 15mila anni fa. Eventi rimasti immortalati in ogni angolo di Napoli: la città nella sua antica storia è stata edificata con materiali di origine vulcanica come il tufo grigio, il piperno (che riveste il Maschio Angioino o la Chiesa del Gesù Nuovo o il cortile delle statue dell’Università). Il tufo giallo lo troviamo invece a Posillipo o ai Camaldoli.

IL PIANETA che ci ospita – conclude l’autrice – non è una semplice dimora che abitiamo, e i fenomeni naturali non sono un suo arredo passivo. L’uomo e il suo ambiente sono legati come la trama e l’ordito di un tessuto. I vulcani incarnano perfettamente questa verità. Che siano in eruzione, dormienti o anche estinti, possiedono una loro potenza, una loro personalità specifica, un loro carisma ed entrano in mille modi diversi nella mente e nella vita delle persone che li incontrano, o che popolano le loro pendici. È una via del fuoco che ci attende».