L’altro patto atlantico: 800 funzionari contro il sostegno Usa e Ue a Israele
Israele/Palestina Lettera anonima per «timore di ritorsioni». L’iniziativa segue i tentativi falliti di farsi sentire dai rispettivi vertici, accusati di mettere in pericolo la moralità delle istituzioni
Israele/Palestina Lettera anonima per «timore di ritorsioni». L’iniziativa segue i tentativi falliti di farsi sentire dai rispettivi vertici, accusati di mettere in pericolo la moralità delle istituzioni
«Ribadiamo pubblicamente la nostra preoccupazione per il fatto che Israele non ha mostrato alcun limite nelle sue operazioni militari a Gaza che hanno provocato decine di migliaia di morti civili evitabili, e per il fatto che il blocco deliberato degli aiuti da parte di Israele ha portato a una catastrofe umanitaria».
A scrivere sono 800 funzionari dei governi di Stati uniti e Gran Bretagna e delle istituzioni dell’Unione europea, in una lettera aperta, resa pubblica ieri mattina. I funzionari, che si autodefiniscono «transatlantici» per sottolineare lo spirito sovranazionale dell’iniziativa e al contempo ribadire che si tratta degli stessi membri della Nato, dei paesi leader dell’Onu, insomma delle economie e degli eserciti più forti del mondo, hanno deciso di affidare a un testo anonimo il proprio dissenso. Perché si temono rappresaglie, ha rivelato al New York Times uno degli organizzatori, un funzionario che ha lavorato al Dipartimento di Stato Usa per più di due decenni.
NON È LA PRIMA volta che un’azione del genere viene intrapresa negli Usa, dove più di 500 dipendenti di circa 40 agenzie governative hanno inviato una lettera (anonima anche quella) al presidente Biden lo scorso novembre criticando le sue politiche sulla guerra. Anche in quella lettera i funzionari non hanno rivelato i loro nomi.
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Contro la linea Biden 400 funzionari e una causa penaleOltre mille dipendenti dell’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale hanno pubblicato testo simile. E decine di funzionari del Dipartimento di Stato hanno inviato almeno tre cablogrammi di dissenso interno al segretario di Stato Antony J. Blinken.
Nella Ue, invece, il dissenso è stato espresso da un gruppo di circa 850 dipendenti della Commissione e altre istituzioni continentali che hanno scritto all’ufficio della presidente Ursula Von der Leyen lo scorso 20 ottobre dichiarandosi «preoccupati dalle sue posizioni sul conflitto in corso a Gaza».
Ma si tratta del primo caso in cui i funzionari dei paesi occidentali si uniscono da una sponda all’altra dell’Atlantico per criticare apertamente i loro governi in merito alla guerra. Come si legge in calce alla lettera: «Coordinato dai funzionari delle istituzioni e degli organi dell’Unione europea, dei Paesi Bassi e degli Usa; approvato anche dai funzionari pubblici di Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Spagna, Svezia, Svizzera, Regno unito».
D’altronde, il problema è sia esistenziale per i palestinesi che continuano a morire, sia etico per tutti noi e riguarda «la difesa delle nostre costituzioni e dei compiti che ci sono stati affidati dai nostri leader democraticamente eletti». «Le attuali politiche dei nostri governi indeboliscono la loro posizione morale e minano la loro capacità di difendere la libertà, la giustizia e i diritti umani a livello globale».
L’ACCUSA al governo israeliano è diretta e inequivocabile: «Le operazioni militari di Israele non hanno contribuito al suo obiettivo di liberare tutti gli ostaggi e, anzi, ne stanno mettendo in pericolo la salute, la vita e un eventuale rilascio; la guerra non ha contribuito all’obiettivo di sconfiggere Hamas ma al contrario ha rafforzato l’attrattiva di Hamas, Hezbollah e di altri attori negativi; l’operazione militare in corso sarà dannosa non solo per la sicurezza di Israele, ma anche per la stabilità regionale».
Ogni gruppo nazionale ha provato a far sentire «internamente» le sue «preoccupazioni» ma senza successo. E, infatti, accusano i firmatari, «le nostre preoccupazioni professionali sono state superate da considerazioni politiche e ideologiche».
Dunque si è deciso di arrivare alla pubblicazione di ieri, sperando che le indicazioni presenti nella lettera acquistassero il più possibile clamore mediatico e che questo si trasformi in movimento d’opinione e opposizione aperta alle operazioni militari israeliane a Gaza. Così che «un attacco come quello del 7 ottobre e un’offensiva su Gaza non si ripetano mai più».
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