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L’altolà di Zingaretti: «Basta fuoco amico, sono pronto a votare»

L’altolà di Zingaretti: «Basta fuoco amico, sono pronto a votare»Nicola Zingaretti a un'assemblea del Pd a Pisa – Aleandro Biagianti

Le spine del governo Il leader vuole disinnescare un’«opa ostile» sul Pd dopo le regionali. Bettini: c’è un gruppo di forze che mira a cancellare questa segreteria

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 2 settembre 2020

La pazienza di Nicola Zingaretti è finita. Dopo un anno a cucire e mediare, a sostenere un governo che lui non avrebbe voluto, adesso si è stancato: dei capricci degli alleati, certo, ma soprattutto delle manovre per farlo saltare in aria. Manovre che vedrebbero in prima fila Matteo Renzi, pronto a sfruttare la probabile debacle alle regionali per riprendersi il partito tramite Stefano Bonaccini.

UNA «OPA OSTILE», secondo un parlamentare molto vicino a Zingaretti, che sarebbe molto più di un desiderio: ma un piano già studiato nei dettagli, pronto a scattare il 21 settembre. Di qui la lunga lettera che ieri Zingareti ha scritto a Repubblica: una lettera-sfogo per avvertire nemici e presunti alleati (compresi Conte e i 5 stelle) che all’indomani delle regionali e del referendum lui non farà il «capro espiatorio» della possibile sconfitta. E che se verrà messo sotto accusa per far saltare il governo e l’attuale guida del Pd, l’alternativa sono le elezioni: con le liste fatte dall’attuale segretario, Italia Viva a rischio sopravvivenza (visti i sondaggi sotto il 3%) e il M5S che -complice il taglio dei parlamentari- riporterebbe in Parlamento un terzo degli attuali onorevoli. Il messaggio di Zingaretti ai nemici è «fatevi avanti»: «Se qualcuno reputa finita la fase di alleanza con il M5S abbia il coraggio di indicare la strada delle elezioni o soluzioni che umiliano la politica (e cioè il governo di unità nazionale a guida Draghi, ndr)». «Non ho il timore di affrontare elezioni politiche immediate», il passaggio più esplicito della lettera.

«La pazienza non è infinita», spiega al manifesto Goffredo Bettini, principale consigliere del leader. «C’è un combinato disposto di forze che vuole cancellare la felice anomalia di questo gruppo dirigente del Pd che ha salvato il Paese e contribuito a far cambiare i 5 stelle». Chi mira al fortino? «Forze politiche e non solo». Compresi quei compagni di partito (a partire dagli ex renziani) «che ci danno ogni giorno lezioni di riformismo mentre noi lo pratichiamo», scandisce Bettini, furioso con Renzi: «Nonostante il mio invito di alcuni giorni fa continua ad attaccare il Pd, se vuole fare il guascone stia almeno fuori dal governo come fa Calenda». E ancora: «Se si vuole durare fino al 2022 questa coalizione deve darsi una soggettività e una missione. Non è possibile andare avanti con noi che giochiamo e gli altri stanno sugli spalti a tirare i cartoccetti». «La sfida delle regionali coinvolge tutti, a partire da Conte», ricorda Bettini. «Eppure quasi in tutte le regioni siamo da soli a portare il peso della responsabilità di arginare le destre. Se si vuole andare avanti la responsabilità non può più essere solo sulle nostre spalle».

Al Nazareno sono furiosi per l’atteggiamento di Renzi. «In Puglia, dove ce la giochiamo all’ultimo voto, ha candidato Scalfarotto, che è pure sottosegretario di questo governo. Ma come si fa?», sbotta un altro parlamentare del cerchio ristretto. Per non parlare dei continui sabotaggi alla legge elettorale che dovrebbe mitigare gli effetti del taglio dei parlamentari.

Nel mirino non c’è solo l’ex rottamatore. Ma anche Conte, accusato a microfoni spenti di non essersi impegnato abbastanza sulla legge elettorale. E neppure sul caso Ilva nella sua Puglia. Per non parlare dei 5 stelle. Bettini definisce il mancato accordo in Puglia e Marche «una diserzione».

L’INCUBO DEL LEADER è ritrovarsi nelle condizioni di Veltroni nel 2009, quando il Pd perse le regionali in Sardegna. E il segretario, stanco del fuoco amico, gettò la spugna. Uno scenario che rischia di ripetersi se le regionali finiranno 4 a 2 per il centrodestra. Ma che precipiterebbe se la destra dovesse vincere in Toscana, dove un sondaggio del Sole24 Ore dà la candicata leghista Susanna Ceccardi a mezzo punto dal Pd Eugenio Giani. Se dovesse saltare la Toscana, per il leader Pd si metterebbe davvero male. Ma anche se perdesse solo la Puglia e le Marche (oltre a Liguria e Veneto) il piano di logoramento potrebbe scattare. Di qui l’appello di Zingaretti al voto utile, «o noi o Salvini».

RESTA IL PESO della solitudine per il leader dem. Alla vigilia di un voto così delicato vede complotti, ma soprattutto sente un silenzio assordante da parte di chi dovrebbe puntellarlo. Anche dentro il partito. In soccorso arrivano il sindaco di Pesaro Matteo Ricci e quello di Bologna Virginio Merola: «Tutti hanno voluto questo governo per impedire di consegnare il paese al nazionalismo autoritario», dice Merola. «Ma si continua a remare contro. Se si pensa che un’eventuale sconfitta alle regionali sia un problema che riguarda solo il Pd ci si illude, si taglia il ramo dove tutti siedono». Chiosa il sindaco di Bologna: «Dopo le regionali un chiarimento sarà comunque inevitabile. Non possiamo accettare nemmeno il sospetto che alleati pensino che conviene far perdere il Pd».

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