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L’addio a Gülen, morto in esilio. E ai suoi segreti

Fethullah Gülen foto ApFethullah Gülen – Ap

Usa/Turchia A 83 anni è morto l'imam che ha scritto un pezzo di storia della Turchia contemporanea, tra potere economico e politico, istituzioni culturali e scuole per plasmare una nuova società. Fino alla rottura con Erdogan e all'accusa di aver orchestrato il golpe del 2016

Pubblicato 6 giorni faEdizione del 22 ottobre 2024

Fethullah Gülen, il leader della comunità Hizmet, indicato nei registri statali come “Capo dell’organizzazione terroristica FETÖ” e inserito nella lista dei ricercati di massima priorità del ministero dell’interno turco, è morto negli Stati Uniti, dove ha trascorso gli ultimi 25 anni della sua vita, lasciandosi dietro numerose controversie e cause legali.

Durante la sua vita, Gülen è stato oggetto di dibattito per il suo operato all’interno della sua comunità, i rapporti con la politica e le aziende legate al suo movimento. È stato accusato di aver sabotato il processo di pace di Oslo tra Ankara e il Pkk, di aver creato una struttura statale parallela e di aver tentato di prendere il controllo del governo infiltrandosi nelle istituzioni statali. Negli anni, sono emerse prove significative a sostegno di queste accuse. Ora, dopo la sua morte, si discute già su chi prenderà la guida del suo movimento.

Fethullah Gülen, nato il 27 aprile 1941 a Erzurum, in Turchia, è venuto a mancare il 20 ottobre negli Stati Uniti, dove viveva da quasi un quarto di secolo in una sorta di autoesilio. Per alcuni era un terrorista, per altri il leader di una comunità religiosa e, per altri ancora, un filantropo. Soprattutto, Gülen è stato una delle figure più importanti nella storia della Repubblica di Turchia.

NEL 1959 fu assegnato come imam in una moschea a Edirne. Nel 1963, a Erzurum, svolse un ruolo attivo nell’apertura dell’Associazione per la Lotta al Comunismo (Kmd); tra i fondatori vi erano anche Adnan Menderes, ex primo ministro, e Celal Bayar, ex presidente della Repubblica.

Subito dopo il colpo di stato del 1971, Gülen venne arrestato, rimanendo in carcere per sei mesi. Dopo il rilascio, iniziò a organizzare in modo significativo la sua comunità, Hizmet (Servizio), che trae le sue radici dagli insegnamenti del religioso anatolico Said Nursi.

Negli anni ‘60 e ‘70, la comunità di Gülen iniziò a implementare un modello organizzativo basato sul reclutamento e la formazione di studenti. Negli anni ‘80 e ‘90 nacquero i primi luoghi di incontro, formazione e propaganda, noti come “case della luce” (Işık evleri), che acquisirono, nell’ambito del progetto della comunità chiamato “Generazione d’oro”, un ruolo molto importante. In quel periodo era ormai possibile parlare di Fethullah Gülen come il leader di un movimento ben strutturato, con un elevato numero di adepti e una serie di collegamenti politici ed economici in Turchia e all’estero.

Hizmet crebbe notevolmente, espandendosi oltre i confini nazionali negli anni ’80 e ’90, creando relazioni nel mondo dell’istruzione e dell’imprenditoria nei Balcani, in Medio Oriente, in Asia, in Africa, in America Latina, in Europa e infine negli Stati Uniti. Il suo vasto tessuto clientelare e le sue relazioni oscure con il mondo della burocrazia e con il capitale conservatore divennero oggetto di ricerca e studio da parte di numerosi giornalisti, tra cui Uğur Mumcu, assassinato nel 1993.

Fino all’arrivo al potere del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (Akp), Gülen mantenne rapporti limitati ma cordiali con tutti i governi. Fu un grande sostenitore delle politiche dell’esercito, anche durante il periodo del golpe del 1971 e nel periodo della dittatura militare del 1980.

VERSO la fine degli anni ‘70, Gülen, utilizzando il suo carisma e la sua popolarità, organizzò una serie di conferenze, incontri pubblici e percorsi di formazione, promuovendo l’ideologia dell’islamizzazione della società e la fedeltà del popolo alle politiche dello Stato. In numerosi articoli (soprattutto nella rivista Sızıntı) e sermoni, elogiò le scelte, le misure e le decisioni dei militari.

Gülen sostenne i governi turchi anche nella loro posizione contro l’arrivo al potere dell’Ayatollah Khomeini in Iran, contro la dittatura irachena di Saddam Hussein e a favore delle politiche della Nato e filo-israeliane.

Uno dei più grandi progetti del movimento Hizmet fu il “dialogo interreligioso”, che gli diede una notevole visibilità e riconoscimento a livello internazionale. Le sue scuole e università, sia in Turchia che all’estero, vengono frequentate da ragazzi studiosi appartenenti ai ceti bassi, che ricevono borse di studio, ma anche dai figli di ministri o addirittura presidenti della Repubblica.

In Albania, Uzbekistan, Messico, Romania, Bosnia, Brasile, Nigeria, negli Stati Uniti e in vari altri paesi, Hizmet offre un’istruzione “di qualità”, conservatrice e turcofona, e contemporaneamente si inserisce nel mondo della burocrazia, attraverso ambasciate e consolati, e in quello dell’imprenditoria.

Negli anni ’90 Hizmet decise di esporsi anche politicamente e si avvicinò al movimento politico dei giovani conservatori. Nel 1994 venne istituita la Fondazione Giornalisti e Scrittori (Gyv), che segnò la formalizzazione delle attività culturali del movimento. Nello stesso anno, Gülen ebbe un incontro privato con la presidente del Consiglio, Tansu Çiller, con la quale intraprese viaggi all’estero.

SUL PIANO economico, rafforzò ulteriormente il suo potere aprendo Bank Asya nel 1996 a Istanbul. Alla cerimonia d’inaugurazione parteciparono l’allora ministro di Stato Abdullah Gül (poi diventato presidente della Repubblica) e l’allora sindaco di Istanbul, Recep Tayyip Erdoğan, l’attuale Presidente.

Nel 1999, Gülen si espose di nuovo con l’esercito quando questo decise di pubblicare un comunicato stampa contro uno dei componenti del governo dell’epoca, il Refah Partisi, un partito fondamentalista. Mentre l’uscita dell’esercito faceva cadere il governo, Gülen disse di schierarsi con le forze armate. Tuttavia quello fu l’anno in cui, per la prima volta, la magistratura decise di indagare sulle attività del movimento Hizmet. Così, Gülen decise di trasferirsi negli Stati Uniti “per motivi di salute”, dove visse fino alla sua morte.

Hizmet ormai era una realtà enorme e Fethullah Gülen non aveva bisogno di essere in Turchia per controllare il suo movimento. Con l’ascesa al potere di Erdoğan, decise di mostrarsi in modo più esplicito e sigillò un vero e proprio accordo politico. Nel 2002, il partito dei giovani conservatori, Akp, vinse le elezioni e formò il governo da solo. Anche se apparentemente, con questo risultato elettorale, sembrava che Gülen avesse uno scudo, nel 2004 le Forze Armate Turche comunicarono che Hizmet era una minaccia per la sicurezza nazionale.

Pochi mesi dopo iniziarono i primi processi Ergenekon, Balyoz, Odatv e Kck, che inizialmente coinvolsero una serie di personaggi ambigui e con le mani piene di sangue, appartenenti all’esercito, ai servizi segreti e alle formazioni paramilitari. Successivamente divennero dei calderoni in cui vennero infilati centinaia di politici, avvocati, studenti universitari, imprenditori e amministratori locali di sinistra.

Anche il giornalista Ahmet Şık finì in carcere per il libro che scrisse sulla presenza del movimento Hizmet all’interno della polizia e non solo. Il libro fu intercettato nell’ambito informatico prima di essere pubblicato. Şık, mentre la polizia lo portava in carcere, gridò: “Brucia chi tocca”, riferendosi a Gülen.

MIGLIAIA di persone vennero arrestate con intercettazioni illegali, prove false, testimoni inesistenti e dichiarazioni ottenute sotto tortura. Per mesi e mesi, le aule del tribunale speciale di Silivri si riempirono di tutti coloro che, in un modo o nell’altro, si erano opposti al governo e alla comunità di Gülen. I giudici, che si addormentavano durante i processi, presero decisioni gravi, condannando una serie di persone all’ergastolo con l’accusa di appartenere a un’organizzazione terroristica che progettava un colpo di stato.

Nel 2010, la comunità consolidò il suo dominio anche nel sistema giudiziario. Con il referendum, la struttura dell’Alto Consiglio dei Giudici e Procuratori (Hsk), della Corte Costituzionale, della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato fu modificata. Anche negli alti gradi della magistratura, dove prima non aveva pieno controllo, la comunità ottenne il dominio.

Tuttavia, questo matrimonio iniziò a scricchiolare nel 2011. Le divergenze sugli incontri di Oslo tra lo Stato e il Pkk, sul controllo dei servizi segreti, sui casi di corruzione e forse anche sul controllo del potere portarono l’Akp e Hizmet in uno stato di guerra. Fu di nuovo il giornalista Ahmet Şık a definire bene il profilo di questo conflitto: “È una guerra tra i due componenti di un sistema fascista e mafioso”.

Nel 2016 venne preparato un fascicolo in cui il movimento Hizmet veniva definito come un’organizzazione che minaccia la sicurezza nazionale. Pochi mesi dopo, con il fallito colpo di stato partì un crociata contro tutti i membri della comunità di Hizmet. Centinaia di migliaia di persone furono indagate, aziende confiscate, università e scuole chiuse, giornali, radio e canali televisivi messi al bando e migliaia di persone arrestate oppure scappate all’estero.

DUE ANNI di stato d’emergenza in cui numerosi giornalisti, avvocati, professori universitari, sindacalisti e politici di opposizione vennero arrestati, esattamente come era successo nei processi di Ergenekon, Balyoz, Odatv e Kck nel 2004.

Ancora oggi, dell’impero di Fethullah Gülen abbiamo informazioni limitate e parziali, ma di certo si tratta di un movimento che ha scritto una parte della storia della Repubblica di Turchia. Il movimento Hizmet è ancora in vita, ma è anche pieno di ferite. Gülen è morto in esilio, da leader di una comunità religiosa gravemente ferita, portando con sé nella tomba una serie di segreti e mani macchiate di sangue.

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