ExtraTerrestre

L’acqua raccontata dagli artisti nel tempo della crisi ecologica

L’acqua raccontata dagli artisti nel tempo della crisi ecologica

Arte moderna Il canto delle sirene Accademia di Francia (Villa Medici, fino al 13-01-25)

Pubblicato circa 2 ore faEdizione del 10 ottobre 2024

Nella Teogonia Esiodo parla delle ninfe legate all’essenza acquorea: sarebbero migliaia le Oceanine, figlie del titano Oceano e di Teti, personificazioni della natura. Figure mitologiche che al pari delle altre divinità dell’Olimpo godevano dell’immortalità. Il legame simbolico rimanda, naturalmente, all’origine del mondo, alla nascita, al parto quindi all’esternazione di una forza e di una potenza femminile a cui è riconosciuto anche un valore di sacralità.

LE ACQUE IN GENERALE (non solo quelle sorgive) incarnate dalle ninfe sono rigenerative e, come la pioggia, portatrici di fecondità. Ma che succede se questo composto chimico, parte integrante nelle sue molteplici forme – dalla rugiada alle nuvole, dalle lacrime alla nebbia – di tutti gli organismi viventi, non è più quello di una volta? Non solo in riferimento a caratteristiche come la trasparenza o la limpidezza, ma a tutte le altre problematiche che sono alla base dell’attuale crisi ecologica mondiale. A stimolare il dibattito è la collettiva Il canto delle sirene. L’acqua raccontata dagli artisti all’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici (fino al 13 gennaio 2025), curata da Caroline Courrioux e Sam Stourdzé.

UNA MOSTRA CHE SI RIALLACCIA idealmente al tema degli elementi naturali di cui Storie di pietra, nel 2023, era stata un’introduzione. Due giornate di studio multidisciplinari – il 5 e 6 dicembre – saranno un’ulteriore occasione per approfondimenti letterari e artistici con la partecipazione delle studiose Silvia Ginzburg e Juliette Bessette. Il percorso espositivo che si snoda negli ambienti delle ex scuderie rinascimentali è articolato nei sette capitoli «Immersioni», «Storie di perle», «Atlantidi», «Acque torbide», «Evocare le ninfe», «Lacrime» e «Diventare goccia» interpretati da una trentina di artiste e artisti, tra cui Laure Prouvost, Simone Fattal, Bianca Bondi, Raffaela Naldi Rossano, Aïcha Snoussi, Madison Bycroft, Alex Cecchetti e Bassem Saad con linguaggi artistici differenti.

ALLE NINFE DI ESIODO rimandano poeticamente delle figure reali, le pescatrici di perle che sfidano gli abissi nelle meravigliose fotografie in bianco e nero di Kusukazu Uraguchi (1922-1988), esposte anche ai Rencontres de la photographie d’Arles 2024. Il fotografo giapponese ha raccontato dal 1950 al 1988 il lavoro delle «Ama», le donne del mare, che da migliaia di anni praticando l’immersione in apnea pescano a mani nude perle, conchiglie, alghe e i gustosi abaloni, detti anche orecchia di mare per il loro guscio madreperlato.

AI FONDALI MARINI del Golfo Persico si collega, invece, Monira Al Qadiri (1983) che nell’installazione Diver (2018) allude ai cambiamenti radicali dell’economia dei paesi del Golfo dopo la scoperta del petrolio, lì dove per secoli la tradizione della pesca delle perle era basilare per la sopravvivenza della popolazione locale. Il movimento sincronizzato delle nuotatrici che simboleggia quello dei sommozzatori è accompagnato dai canti tradizionali che davano il ritmo al lavoro sulle navi perlifere: un omaggio anche al nonno dell’artista che cantava proprio su quelle navi.

ALLONTANANDOSI dalla fluidità dei territori marini nella palette di azzurri e blu dipinti ad olio da Yiannis Maniatakos (1935-2017), il visitatore si trova vis-à-vis con l’attuale realtà: inquinamento, crisi idrica, cambiamento climatico. Himali Singh Soin (1987), scrittrice e artista visiva indiana ha realizzato per la mostra l’installazione Piscean Premonition inserendo in un’architettura circolare di mattoni, fatti con il sale dell’Himalaya, un centinaio di pesci di ceramica: una sorta di «archeologia del futuro nella quale i pesci ritrovati diventano legatari della narrazione di un’epoca: veicoli di miti e leggende, simboli di buona sorte e cantori del nostro possibile futuro», come scrivono i curatori. Molto più esplicita la denuncia dei danni ambientali e sociali della fotografa statunitense LaToya Ruby Frazier (1982) che nella serie Flint Is Family (2016-2017) documenta i problemi causati dalla crisi idrica attraverso l’esperienza quotidiana di tre generazioni di donne. Nell’evidenziarne l’urgenza, l’autrice non tralascia di tutelare la dignità umana delle persone ritratte.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento