Cultura

La vita tra le pieghe di una stoffa

La vita tra le pieghe di una stoffa

Narrativa «La Boutique» di Eliana Bouchard, per Bollati Boringhieri. L’autrice sarà presente al Salone Off, domenica 13 maggio, in dialogo con Rocco Moliterni alla Galleria Umberto I

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 8 maggio 2018

Il mondo in una boutique, un’unità di luogo dove si incrociano tutti gli interrogativi della società contemporanea, tutte le questioni che scuotono il mondo di oggi. La Boutique è il titolo dell’ultimo romanzo di Eliana Bouchard (Bollati Boringhieri, pp. 294, euro 16,50), che aveva esordito con Louise, canzone senza pause (2007).

IL ROMANZO (nell’ambito del Salone off di Torino, l’autrice incontrerà il pubblico domenica 13 maggio alla Galleria Umberto I, dialogando con Rocco Moliterni, alle ore 16) si svolge dentro e attorno a un negozio dell’usato, abiti e oggetti, un progetto voluto da una delle protagoniste, una donna energica che cerca attraverso questa iniziativa – a metà tra l’imprenditoriale e il sociale – una via d’uscita dopo una tragedia personale.

C’È IL CRACK FINANZIARIO del 2008 iniziato negli Usa, ci sono stranieri di ogni tipo – dal rifugiato afgano appena arrivato, all’italiano di origine indiana, al cittadino europeo che è naturalmente a casa sua in un’altra regione della Ue fino alla senza tetto venuta dall’est – ci sono le due donne protagoniste che si lanciano in un’attività economica di riciclaggio, oppure l’uomo licenziato che riprende un’attività tradizionale nella campagna dei nonni. O ancora, un altro che ha perso il posto da operaio e che accetta lavori di servizio. Le storie intrecciano le scelte di vita e orientamenti diversi (anche religiosi), dalla famiglia più tradizionale fino alla coppia omosessuale, la cucina multietnica e gli eccessi di alcolici.

IL LIBRO AFFRONTA anche l’importanza dell’arte e della cultura accanto a obblighi più prosaici, dal tenere la contabilità a fare le pulizie. Transitano fra le pagine figli adolescenti che sognano il futuro e adulti che devono fare i conti con le disillusioni accumulate nel passato. Oltre alle due donne, l’altro protagonista è Ibrahim l’afgano, che trova il suo posto riprendendo il lavoro che faceva nel suo paese d’origine: il sarto.
Ibrahim tocca le stoffe, le accarezza, le valuta, come se volesse riscoprire la vita attraverso di esse. Le usa per mandare dei messaggi, quando la comunicazione, non solo linguistica ma anche sentimentale, è difficile.

IL RAPPORTO CON LE STOFFE è individuale, intimistico, rimanda alla società attuale, dove ognuno è solo: viene in mente, per contrasto, la descrizione delle stoffe di Emile Zola in Au Bonheur des Dames, la profusione di merci nell’epoca della nascita dei grandi magazzini, il trionfo dei colori delle tele che portavano con sé una promessa di crescita e di progresso. Qui il sogno del progresso è svanito, frantumato, la stoffa viene considerata soprattutto come una via individuale, una strada da intraprendere per trovare un destino. Ma tutti questi individui non sono delle monadi senza porte né finestre, l’identità si costruisce, a fatica, attraverso l’interconnessione, come una promessa per costruire un futuro condiviso. Sullo sfondo, resta il nocciolo duro della società, i rapporti di classe che non si annullano malgrado l’eccesso di individualismo della società contemporanea.

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