Dalla montagne alle coste, passando per i capoluoghi e i piccoli centri, l’intreccio perverso di malavita, imprenditoria e politica ha avuto come effetto una devastazione del territorio che pare irreversibile. L’abusivismo selvaggio ha violentato luoghi unici, paesaggi mozzafiato, bellezze naturalistiche, che avrebbero potuto dar linfa all’economia regionale. Come emerso dal recente rapporto “Ecomafia 2013” di Legambiente, la Calabria è vinta: territori splendidi e coste incantevoli macchiate dal cemento selvaggio ad onta delle puntuali denunce degli ambientalisti per la compiacenza di burocrati ed amministratori che consentono sistematicamente l’aggiramento delle norme edizlizie. Dal primo gennaio 2010 al 10 maggio 2013 sono state 135 le inchieste relative alla corruzione ambientale, in cui le tangenti, incassate da amministratori, esponenti politici e funzionari pubblici, sono servite a “fluidificare” appalti e concessioni edilizie, varianti urbanistiche e discariche di rifiuti. La Calabria è prima per numero di arresti eseguiti (ben 280), la prima regione d’Italia. «Quella delle ecomafie – ha dichiarato il presidente di Legambiente Calabria Francesco Falcone – è l’unica economia che continua a proliferare anche in un contesto di crisi generale. Un’economia che cavalca l’abusivismo, distrugge il territorio, drena le risorse degli appalti pubblici». C’è poi la piaga degli ecomostri. Basti pensare alle 35 costruzioni abusive realizzate all’interno del parco archeologico di Capo Colonna, nello Jonio crotonese, uno degli sfregi al patrimonio artistico più grande d’Europa. I manufatti sono sotto sequestro dagli anni 90 e «la loro presenza – scrive l’associazione ambientalista – oltre a impedire l’estensione del parco a tutto il sito archeologico, testimonia l’inerzia della pubblica amministrazione che nonostante la confisca definitiva non si decide a buttarle giù».
Qualche volta al banchetto dell’abusivismo partecipano direttamente come abusivi gli stessi politici. È il caso della neopresidente del consiglio comunale di Corigliano Calabro, Maddalena Avolio, 55 anni, medico ginecologo, eletta qualche giorno fa dalla maggioranza di destra uscita vittoriosa nelle ultime elezioni, dopo due anni di commissariamento dell’ente per infiltrazioni della ‘ndrangheta. Al foglio di mappa catastale numero 77, particella numero 612, dello stesso comune calabrese, sorge una lussuosa villa immersa nel fresco e profumato verde degli agrumeti della zona. Vi abita proprio la presidente del consiglio comunale. La meravigliosa villa è un abuso edilizio. Negli uffici comunali, infatti, non v’è traccia alcuna del permesso di costruire, della concessione edilizia. Né potrebbe esservi, considerato che il terreno su cui sorge è agricolo ed inibito all’edilizia abitativa. Nessuno ha mai denunciato lo scandaloso abuso in una realtà in cui è prassi consolidata ormai da anni costruire illegalmente, con migliaia e migliaia di casi di edilizia abusiva, una sparuta minoranza dei quali ha visto finire sotto processo i proprietari. Al catasto, il lussuoso immobile risulta regolarmente intestato al figlio della neopresidente, ancora minorenne, il quale vive con la madre. A sollevare lo scandalo è stata la testata locale AltrePagine, diretta dal giornalista e blogger, Fabio Buonofiglio. La destra ha eletto Avolio facendo finta di non sapere nulla. La risicata minoranza di centrosinistra, al contrario, non ne sapeva nulla.