Per arrivare in Italia i braccianti sikh pagano fino a 15 mila euro. Le somme vengono versate agli intermediari indiani, in Punjab, in vari modi: chiedendo prestiti a conoscenti e parenti oppure vendendo terre, mucche e gioielli di famiglia. Il salario mensile di chi fa lavori manuali in Punjab è, in genere, tra gli 80 e i 120 euro.

PER QUESTO L’ITALIA, dove un operaio agricolo indiano prende, in media, 863 euro al mese, rappresenta una meta ambita. Con i soldi risparmiati e mandati in India si può sistemare la propria casa oppure comprarne una più grande e, in certi casi, far studiare i figli. Ranbir Singh non vede la sua famiglia da quattro anni, da quando è arrivato nell’Agro Pontino dopo avere pagato, prima di partire, ottomila euro a un conoscente che li ha recapitati a un indiano della provincia di Latina. In Punjab, faceva il meccanico di auto per poco più di 100 euro al mese.

HA LASCIATO LA MOGLIE e un figlio di quattro anni. L’intermediario di Latina si è occupato delle carte per il permesso di soggiorno, ottenuto tramite il Decreto flussi. L’azienda di riferimento produceva kiwi, ma si è trattato soltanto di un contratto fittizio: Ranbir lì non ci ha mai lavorato. Con il decreto flussi il Governo italiano stabilisce ogni anno il numero massimo di cittadini stranieri non comunitari che possono fare ingresso in Italia per lavorare con un contratto. La domanda per un operaio agricolo straniero ancora residente all’estero può essere presentata da un datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante.

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«Sono stati anni durissimi ma non avevo altra scelta, dovevo aiutare la famiglia»

I SINDACALISTI DELLE TRE SIGLE confederali Flai Cgil, Fai Cisl e Uila Uil sostengono che il sistema andrebbe riformato. Giorgio Carra, segretario provinciale della Uila Uil, non usa mezzi termini: «Si presta al gioco dell’illegalità di faccendieri pagati per poter procurare ai lavoratori il contratto e l’alloggio». Harmandeep Singh ha raggiunto l’Italia comprando, a 10 mila euro, un visto con un permesso di soggiorno per lavoro stagionale da un agente indiano.

«NEL 2011 MI SONO LAUREATO in Tecnologia informatica in India. La maggior parte della popolazione del mio Paese ha talento, ma lì essere bravi non ha valore. Per questo motivo ho deciso di partire», spiega. «Dall’aeroporto in India sono volato direttamente a Roma e poi sono finito in Campania. Guadagnavo 20 euro al giorno per otto o nove ore di lavoro. Sono rimasto lì cinque mesi e poi me ne sono andato perché in provincia di Latina le paghe erano di un euro e mezzo in più all’ora».

HARMANDEEP SI E’ TRASFERITO in Lazio e ha cercato un’altra azienda che gli convertisse il permesso stagionale in subordinato, ma non l’ha trovata. È rimasto per tre anni irregolare fino a quando è riuscito di nuovo a sistemare la sua posizione con il Decreto flussi, nonostante fosse già in Italia. Una parte delle quote, infatti, viene usata per regolarizzare i lavoratori stranieri presenti sul territorio italiano, ma con un visto scaduto. Adesso che finalmente ha i documenti in regola, Harmandeep sogna di poter far valere la sua laurea anche in Italia, abbandonando i campi.

IL SISTEMA DEI PERMESSI di lavoro legati al decreto flussi trova riscontro visitando le agenzie di viaggio di Jalandhar, in Punjab. Un’agenzia, in particolare, assicura di avere una lista di sessanta aziende italiane disponibili a fare contratti. Un’altra, invece, al momento non ha contatti con aziende libere e offre altre vie: raggiungere l’Italia attraverso Malta dove, con un visto di lavoro, ci si può fermare per pochi mesi e poi spostarsi nel resto della Comunità europea. Ce ne sono che promuovono la Romania come Paese d’arrivo da cui poi muoversi verso l’Italia. Esiste poi la rotta illegale della cosiddetta donkey route, intrapresa da più di un bracciante, che prevede, ad esempio, un volo fino al Qatar e poi da lì un viaggio in camion per arrivare in Turchia, risalire verso i Balcani, attraversare l’Ungheria, l’Austria e arrivare in Italia. Per rinnovare il permesso di soggiorno in Italia una delle opzioni è ottenere contratti in ditte nelle quali poi non si va a lavorare. Amandeep Singh ha comprato un contratto di un mese da un «padrone» della zona per 600 euro più i contributi.

QUANDO È SCADUTO, ha dovuto acquistarne un altro da un’azienda diversa. E così per altre due volte. A fare da intermediario tra lui e le imprese c’era un indiano.