Lavoro

La svolta della Cisl sui salari. In attesa di parlare di sciopero

La svolta della Cisl sui salari. In attesa di parlare di sciopero

Lavoro Naturalmente i distinguo rispetto alla proposta di Pd, 5S, Avs e Azione ci sono

Pubblicato circa un anno faEdizione del 28 luglio 2023

Un primo risultato sindacale la proposta di legge sul salario minimo di (quasi) tutta l’opposizione lo ha raggiunto. Sono serviti anni perché Cgil e Uil superassero la ritrosia confederale ad appoggiare un intervento che alzi i salari per legge. Ora perfino la Cisl ha detto «sì». Intendiamoci, con tutta una serie di paletti e preferendo la controproposta di Forza Italia. Ma la svolta positiva c’è e va registrata.

La storica posizione della confederazione cattolica è: l’unico modo per alzare i salari è contrattarli. La situazione attuale con almeno 3 milioni di lavoratori poveri certificati da Istat e Bankitalia ha aperto una falla rispetto alla granitica certezza di Luigi Sbarra.

E così si è passati da «facciamolo con i contratti come ci indica l’Unione Europea», oppure «con il salario minimo per legge aumenta il lavoro nero» dei primi giorni al «sul salario minimo siamo favorevoli a una buona legge che riconosca e estenda il trattamento economico complessivo dei contratti più applicati».

Naturalmente i distinguo rispetto alla proposta di Pd, Movimento 5 Stelle, Avs e Azione ci sono, eccome. Allo stesso modo le oramai conclamate differenze con Cgil e Uil.

La principale riguarda il no deciso e convinto a fissare un limite minimo di salario. Non si tratta di una critica alla quantificazione dei 9 euro previsti dalla proposta di legge. Piuttosto della paura che una qualsiasi cifra possa mettere in difficoltà la contrattazione, ragione principale di vita del sindacato, nella visione della Cisl.

Uno smarcamento che ha trovato terreno fertile in Forza Italia. A sua volta contenta di differenziarsi dal «no» preventivo di Lega e Fratelli d’Italia financo a discutere il disegno di legge, proponendo il cosiddetto «emendamento soppressivo».

In un binomio non nuovo alla storia recente della Cisl – basti pensare alla firma del Patto per l’Italia con Silvio Berlusconi del 2002, sottoscritto allora anche dalla Uil – i deputati di Forza Italia della commissione Lavoro, di solito poco avvezzi ai temi salariali, hanno presentato una loro proposta che per larghe parti recepisce le posizioni della Cisl. Il testo prevede che «in assenza di un contratto collettivo nazionale di lavoro, si applichi il trattamento economico pari all’importo minimo previsto dal contratto collettivo nazionale più applicato, diffuso o prevalente per il settore di riferimento» o, nel caso non vi fosse, «l’importo risultante dalla media degli importi minimi dai contratti collettivi nazionali più applicati, diffusi o prevalenti» sulla «base dei dati forniti dall’Inps».

Sono stati smentiti passaggi di testi fra il sindacato e i forzisti. Detto questo, l’obiettivo è stato raggiunto. Meloniani e leghisti hanno dovuto fare marcia indietro. E discutere. Vedremo se la Cisl farà lo stesso con Cgil e Uil quando ci sarà da parlare di sciopero generale.

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