Il Teatro alla Scala ha aperto pochi giorni fa le celebrazioni per il centenario di Giacomo Puccini con una nuova produzione de La rondine, diretta da Riccardo Chailly, con la regia di Irina Brook, scene e costumi di Patrick Kinmonth. Proseguendo il progetto iniziato anni fa di riportare sulle scene le opere pucciniane con criteri esecutivi aggiornati e filologicamente consapevoli, che solo dal 2015 a oggi annovera le riprese di Turandot, La fanciulla del West, Madama Butterfly, Manon Lescaut e Tosca, Chailly esegue l’assai meno rappresentata Rondine seguendo la recentissima edizione critica a cura di Ditlev Rindom, che si è avvalso dell’autografo della partitura, creduto a lungo perduto. A ricordarci la preziosità dell’evento sia detto che l’opera torna alla Scala dopo trent’anni, con alle spalle due soli lontanissimi allestimenti, uno nel 1940 e uno nel 1994.

MAI ENTRATA nel repertorio maggiore del compositore, La rondine, che il maestro De Sabata definiva la «più elegante, la più raffinata partitura di Puccini», è l’ultima commedia della storia dell’opera e si presenta come un mosaico di citazioni, una vera e propria costellazione intertestuale. Intanto è intarsiata di autocitazioni drammaturgiche e musicali dei grandi successi del compositore (per lo più Bohème e Turandot), mescolate a riferimenti a entrambi gli Strauss, ovvero il Johann delle operette e dei valzer (viennese era la commissione originale della Rondine) e il Richard di Rosenkavalier (comune il tema della rinuncia femminile all’amore), ai valzer sentimentali di Ravel e alle ricerche musicali di Stravinskij. Ma soprattutto è un omaggio scoperto alla Traviata di Verdi, di cui è una rilettura ottimista.

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Le quattro stagioni di Giacomo PucciniChailly si diverte e si addentra con leggerezza e precisione nella ricercatissima tessitura di timbri, melodie e ritmi della partitura, di cui ci fa gustare non solo i facili ritmi ternari dei valzer, ma anche quelli più complicati del quick step, del tango, della polka e dello slow fox. «La struttura – afferma Chailly – è complessa, studiata nei minimi dettagli, ma all’ascolto suona estremamente naturale; tutto è superato dalla fluidità del canto, della melodia e dall’orchestrazione. Ma la forza delle individuazioni, la fluidità dei dialoghi, la modernità dei tratti danno un fascino tutto particolare a questa singolare commedia che gioca col passato e col presente, e fonde fra loro tanti stili».

NE RISULTA un caleidoscopio che trasporta lo spettatore in una dimensione metaspettacolare a tratti onirica simile a quella dei musical e delle commedie sofisticate della Hollywood degli anni Trenta e Quaranta. Allo stesso repertorio si ispira Brook per l’allestimento dell’opera.

«L’idea per questa Rondine – spiega la regista – è stata di avvicinarla attraverso lo sguardo di un personaggio immaginario, Anna, una giovane coreografa al suo debutto come regista d’opera. Questo alter ego incarna molte delle mie domande e dei miei sogni. Attraverso la lente di Anna, mi interrogo sull’influenza esercitata sulla psiche femminile dai film romantici, dalla letteratura e, naturalmente, dall’opera». In un padiglione estivo come quelli che venivano costruiti sui moli delle spiagge atlantiche alla fine dell’800 si inseguono tra frivolezze esibite e malinconie celate i personaggi interpretati da un cast di grande sensibilità musicale e scenica: su tutti Mariangela Sicilia e Matteo Lippi, che ci regalano una Magda e un Ruggero amorosi dalla voce omogenea e ariosa. Bravi anche Rosalia Cid (Lisette), Giovanni Sala (Prunier) e Pietro Spagnoli (Rambaldo).