La rivoluzione del cognome materno
Habemus Corpus Li fai, te li porti in pancia per nove mesi, li partorisci con dolore, li allatti, ma il frutto di tutta questa fatica non ti verrà riconosciuto dall’anagrafe
Habemus Corpus Li fai, te li porti in pancia per nove mesi, li partorisci con dolore, li allatti, ma il frutto di tutta questa fatica non ti verrà riconosciuto dall’anagrafe
Li fai, te li porti in pancia per nove mesi (con relative conseguenze di rimessa in forma più o meno faticosa), li partorisci con dolore, li allatti, ma il frutto di tutta questa fatica non ti verrà riconosciuto dall’anagrafe perché, se sei sposata, non conosci gli anfratti legislativi e tuo marito è refrattario al cambiamento, il pargolo porterà in automatico il cognome del padre che, benché utile alla riproduzione, ha lavorato e faticato molto meno di te per mettere al mondo la creatura. In Italia non esiste una legge che preveda che la madre possa dare anche, o solo, il proprio cognome ai figli se è sposata.
IL LEGISLATORE qualcosa ha fatto, ma tutte le proposte di legge si sono fermate al Senato che si è fatto superare dalla Consulta la quale, con una sentenza del novembre 2016, dichiarò illegittima la norma che non consente ai coniugi, se di comune accordo, di trasmettere ai figli al momento della nascita il cognome materno. In Italia, dunque, è già possibile per una madre dare anche il proprio cognome ai figli, ma lo deve chiedere, il marito deve acconsentire e in ogni caso il suo cognome viene dopo quello del padre. Ora, la ministra per la pubblica amministrazione Fabiana Dadone è decisa a trasformare quella possibilità in legge. Significherebbe non dover più chiedere all’anagrafe di applicare quella norma, non dover più trattare con il coniuge, ma dare per scontato che, come in altri Paesi europei quali Spagna e Francia, il cognome della madre può comparire accanto a quello del padre in ordine alfabetico o al suo posto. Qualcuno potrebbe pensare che, con tutti i problemi che ci sono da risolvere, questo è secondario. E invece sarebbe una rivoluzione culturale perché sancirebbe ufficialmente la fine del patriarcato nominale e il mito del figlio maschio come unico depositario della discendenza familiare.
QUANDO tutto ciò avverrà, ci saranno alcuni problemi pratici da risolvere tipo lo spazio sui citofoni, nelle caselle dove si devono firmare documenti, contratti e quant’altro, nei registri di scuola perché è ovvio che due cognomi sono più ingombranti di uno, ma se ci sono riusciti in Spagna vuol dire che una soluzione è possibile. Certo, se si sposano due con cognomi chilometrici tipo Abbatesciànni e Baldisseròtto dovranno pensarci su prima di chiamare i figli, che so, Maria Luce Bernadétta o Tobia Gianferrando se non vogliono costringere la prole a convocare una conferenza ogni volta che si presentano a qualcuno. Allo stesso modo, se due che di cognome fanno Tuttobène e Tornincasa decidono di riprodursi, dovranno scervellarsi per trovare nomi che non espongano i figli al ridicolo, evitando quindi di aggiungere a un binomio di per sé così caratteristico il peso di appellativi tipo Abbondanza o Lupo. E che dire di un Guerra che figlia con qualcuna che si chiama Pacifica? O di una coppia che fa Grandi e Speranzòni, Milanesi e Nani, Tramontana e Felice o La Grassa e Gallina? Giuro che non ho inventato nessuno di questi cognomi, ma li ho estratti dal Dizionario dei cognomi italiani di Emidio De Felice.
Prevedo che, alla già difficile ricerca di un amore, si aggiungerà il sotterraneo dilemma dell’accoppiata dei cognomi. In casi come quelli suddetti la soluzione potrebbe essere optare per uno dei due, magari solo quello della madre, soprattutto nel caso in cui lei di cognome faccia Cristo e lui Porcu. Ministra Dadone, vada avanti con la sua battaglia, ma non faccia leggere questo pezzo ai suoi avversari per non dar loro argomenti, anche perché le probabilità che un Sarti figli con una Pelacani sono davvero esigue.
mariangela.mianiti@gmail.com
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