verità nascoste
Rubriche

La rimozione del passato e la «cancel culture»

Verità nascoste La rubrica su psiche e società. A cura di Sarantis Thanopulos
Pubblicato più di un anno faEdizione del 22 aprile 2023

In un articolo su questo giornale, Davide Conti ha stigmatizzato recentemente il silenzio della premier Giorgia Meloni, durante il suo viaggio in Etiopia, sulla guerra di aggressione e di annessione coloniale di questo paese intrapresa dal governo fascista di Mussolini. Una guerra criminale che ha creato distruzione e morte. Ha collegato il silenzio alla rimozione che tuttora, in varie forme, persiste da noi sull’aggressione. Strade, piazze e monumenti continuano a essere dedicati a quella guerra come se nulla fosse cambiato.

Recentemente la proprietà di “The Guardian” ha sentito il dovere etico di scusarsi per il coinvolgimento nel commercio di schiavi del giornalista e mercante di cotone John Edward Taylor che a fondato il giornale nel 1821 (coinvolgimento dimostrato da una ricerca accademica). Riconoscere le colpe del proprio passato, anche quando appaiono molto remote e non c’è una nostra diretta implicazione, è molto importante perché è solo così che ne possiamo assumere la responsabilità.

Diventare responsabili dei misfatti commessi dai nostri genitori e antenati, è necessario per poter farsi carico delle condizioni che li hanno determinati, senza accontentarsi del fatto che queste condizioni non sono, o non sembrano, più dominanti. Perché i misfatti tornano se non sono elaborati e il lavoro di elaborazione del passato e di trasformazione del presente deve essere continuo. I problemi della nostra convivenza nel mondo non si risolvono mai una volta per sempre.

Se la malvagità è rimossa, ricoperta di costruzioni che la coprono, il rischio che il rimosso torni, prima o poi, con maggior violenza, è forte. L’elaborazione del rimosso separa il desiderio dalla distruttività legata a una sua grave impasse e ci consente di rimetterlo in movimento. Solo il superamento della crisi del desiderio ci libera della malvagità (la schiavitù, il colonialismo) che la crisi ha prodotto. Il diverso rapporto con la rimozione del passato chiarisce la differenza tra l’eliminazione dei simboli della tirannia, che a questa rimozione si oppone, e la “cancel culture” che nelle sue forme più spinte la promuove.

La “cancel culture”, nata negli Stati Uniti come movimento di revisione radicale del passato schiavista di quel paese, si caratterizza come versione estrema del politicamente corretto. Non si limita a perorare la causa delle modalità di espressione corrette che non offendono gli altri. O a reclamare, con giusta determinazione, la rimozione di monumenti dedicati a razzisti e oppressori. Arriva fino a domandare la riscrittura di testimonianze e testi del passato macchiati dal pregiudizio.

Il sacrario dedicato a Graziani inneggia al fascismo, alla guerra e al razzismo. È la rappresentazione simbolica di un potere disumanizzante che mira a creare sudditanza e complicità emotiva con l’oppressione. Rimuove l’azione nefasta dell’oppressore e deve essere abbattuto.

La Casa del Fascio a Como, progettata da Terragni, è testimonianza di una visuale architettonica innovativa che l’adesione del progettista al fascismo non annulla. Deve essere conservata nello spirito contraddittorio, ma nondimeno fecondo, con cui è stata creata. La sua correzione o «riscrittura» rimuoverebbe una contraddizione che afferma la potenza della vita sulla morte, della creatività sulla distruzione. Si deve eliminare ciò che nel presente occlude la verità storica e non creare un buco nella storia cancellando le sue contraddizioni.

In tempi di profonda crisi, che riattiva tutti i fantasmi del razzismo, l’idea consolatoria di una società purificata dai problemi, dai conflitti e dalle contraddizioni, perfino dai ricordi negativi, è molto forte. La cancel culture riscrive il passato per purificare il presente.

Quando manipoliamo la storia, non comprendiamo cosa nel conflitto necessario tra le differenze spinge il suo equilibrio nella direzione dell’Eros o del Thanatos e confondiamo il giusto e l’ingiusto.

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