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La ricerca della connessione tra la malattia e il genere

La ricerca della connessione tra la malattia e il genereAssunta Signorelli

Assunta Signorelli Le donne, la psichiatria, il potere. E l’insegnamento, oggi così misconosciuto anche nella sinistra, di una politica che diventa feconda solo se si fa spazio alle ragioni dell’altro

Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 3 novembre 2017

La prima cosa che mi viene in mente di Assunta Signorelli, sono i capelli lunghi, ricci, una cascata sulle spalle. Mi avevano colpito, tanti anni fa, a Trieste, allora lavoravo a Radiotre, Ora D, dove raccontare un convegno dedicato alle donne e la salute mentale.

Lei era psichiatra, e appassionata di donne, e subito fu chiaro che non c’era nulla di prevedibile in quello che diceva e faceva. Che non era possibile confonderla con nessun’altra, neppure in contesto speciale come quello dell’esperienza basagliana. Che la sua fisicità, lo sguardo ironico e caldo, dicevano esattamente di lei come i suoi pensieri, i suoi interventi spesso taglienti, il suo lavoro.

Lei aveva scelto Franco Basaglia da subito, nel 1970, ancora prima di laurearsi, e per me questo era motivo di grande ammirazione. Ancora di più scoprire il lavoro fatto con le donne, nella ricerca di una connessione tra l’essere donna e la malattia, tra normalità è differenza.

Un lavoro che a cui aveva applicato la lucidità e il rigore della professione, e la passione dell’andare oltre, del non accontentarsi mai. A volte non era facile confrontarsi. Il Centro Donna – Salute mentale,che ha operato a Trieste dal 1992 al 2000, era nato dalla domanda se era possibile, «affrontare la malattia e scioglierla non in astratte diagnosi o in modelli interpretativi omologanti, ma nel riconoscimento della specificità di genere della sofferenza».

Un lavoro che nasceva dalla consapevolezza delle irriducibilità delle storie, di ciascuno e ciascuna, e dall’analisi accurata di che cosa sia effettivamente normale.

In particolare quali prezzi comporti, per una donna, discostarsi dal modello normale di moglie e di madre, una domanda presente anche negli ultimi lavori, in Calabria, a Paola.

Negli anni sono cambiate molte cose. È anche mutato il modo di considerare una donna. Eppure il nodo delle relazioni, il nesso tra modelli, sofferenza e potere è rimasto intatto. Questo diceva Assunta Signorelli, per questo aveva raccolto i suoi scritti, compresi alcuni preziosi inediti nel suo bel libro “Praticare la differenza. Donne, psichiatria e potere”, a cura di Dario Stefano Dell’Aquila e Antonio Esposito, con la prefazione di Renate Siebert, pubblicato da Ediesse (pp. 269, euro 14). Un testo importante.

Negli ultimi anni ho condiviso con lei l’esperienza politica, nel 2014 era stata candidata alle elezioni europee nel collegio del Nord- Est nella lista Altra Europa con Tsipras, che fu una novità nel portare in lista esperienze della società civil. È una novità’ per lei, che non ha mai abbandonato in questi anni difficili, di rado e’ stata assente. Eppure il suo giudizio era severo.

Mi è rimasto impresso un suo richiamo costante. Se non si fa spazio all’altro, non si può fare politica. L’altro sempre negato. Erano parole che venivano dalle sue esperienze, e che acquistavano un senso forte nelle riunioni tumultuose, negli scontri di cui si nutre la politica, persino quando si va d’accordo.

Non le dimentico. Ciao, Assunta.

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