La reunion dei supereroi tra anima dark e sitcom
Al cinema «Avengers Infinity War» dei Russo bros., un effetto di accumulo tra personaggi, citazioni, ammicchi calcolato per soddisfare la vocazione più enciclopedica dei fan
Al cinema «Avengers Infinity War» dei Russo bros., un effetto di accumulo tra personaggi, citazioni, ammicchi calcolato per soddisfare la vocazione più enciclopedica dei fan
L’intreccio delle trame e dei personaggi, secondo un’idea di storia che continua, tra un film e l’altro, anche oltre lo schermo, su modello dei serial anni venti/trenta, e più tardi di «cicli» come quello dedicato ai mostri della Universal, è stata una delle trovate migliori del Marvel Cinematic Universe. Insieme alla scelta, sottolineata specialmente con Thor Ragnarok e Black Panther, di lasciare che registi diversi declinino i rispettivi capitoli dalla saga secondo la loro sensibilità e la loro visione. Più connotate sono meglio è.
Se, in quanto a visione poetico/stilistica, Avengers Infinity War è un film più deludente di altre incarnazioni del MCU, l’effetto cumulativo dell’incontro tra personaggi, citazioni, ammicchi è calcolato per soddisfare la vocazione più enciclopedica dei fan. È infatti con una gigantesca reunion – tradotta in due ore e quaranta di greatest hits sovrapposti uno all’altro – che Kevin Feige, l’architetto principale, e in questo il vero autore del MCU, ha scelto di celebrarne il decimo anniversario.
Prima di approdare alla Marvel, con Captain America: The Winter Soldier e Captain America: Civil War, Joe e Anthony Russo, i registi di Infinity War – parte di una storia divisa in due parti, di cui la seconda è prevista per il maggio 2019 – si sono formati su serie tv come Arrested Development e Community. La loro vocazione comica prevale spesso in questo film, effettivamente parlatissimo. È una struttura, quella del continuo scambio di battute dei personaggi, un po’ da sitcom, che contrasta in modo strano con l’anima profondamente dark, wagneriana, della trama degli eventi e soprattutto con il gran finale iper drammatico – giocato in montaggio parallelo tra una battaglia nella savana di Wakanda e una tra i canyon vetrati di New York – che (ci) avrebbe scosso ancora di più se filtrato da un occhio grandioso e pittorico. Le sorelle Wachowski, invece dei Russo bros.
Thanos (Josh Brolin dietro alla computer grafica con enorme mento rugoso e sadismo affilato) è il cattivo protagonista a caccia delle pietre colorate che, una volta incastonate nel suo guantone speciale, gli permetteranno di distruggere metà della popolazione terrestre, inclusi i supereroi. È il suo piano per rimettere il pianeta sul giusto corso. Dolorosissimo già l’inizio, con Thor e l’inaffidabile fratello Loki, prigionieri del gigante guerriero spaziale, un suo scheletrico ma potente inviato che dà del filo da torcere a Doctor Strange, mentre gli Avengers (dopo Civil War) sono smembrati e non si parlano più.
Applausi a scena aperta per l’entrata in scena – annunciata dal tocco pop musicale ironico che accompagna i film di James Gunn – dei Guardiani della galassia, con Peter Quinn che si mette subito in macho-competizione con Thor. Ma l’applauso più grande è riservato al ritorno a Wakanda. L’eco ancora fresco dello straordinario successo di Black Panther.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento