Visioni

La reunion dei supereroi tra anima dark e sitcom

La reunion dei supereroi tra anima dark e sitcom

Al cinema «Avengers Infinity War» dei Russo bros., un effetto di accumulo tra personaggi, citazioni, ammicchi calcolato per soddisfare la vocazione più enciclopedica dei fan

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 27 aprile 2018

L’intreccio delle trame e dei personaggi, secondo un’idea di storia che continua, tra un film e l’altro, anche oltre lo schermo, su modello dei serial anni venti/trenta, e più tardi di «cicli» come quello dedicato ai mostri della Universal, è stata una delle trovate migliori del Marvel Cinematic Universe. Insieme alla scelta, sottolineata specialmente con Thor Ragnarok e Black Panther, di lasciare che registi diversi declinino i rispettivi capitoli dalla saga secondo la loro sensibilità e la loro visione. Più connotate sono meglio è.

 

 

Se, in quanto a visione poetico/stilistica, Avengers Infinity War è un film più deludente di altre incarnazioni del MCU, l’effetto cumulativo dell’incontro tra personaggi, citazioni, ammicchi è calcolato per soddisfare la vocazione più enciclopedica dei fan. È infatti con una gigantesca reunion – tradotta in due ore e quaranta di greatest hits sovrapposti uno all’altro – che Kevin Feige, l’architetto principale, e in questo il vero autore del MCU, ha scelto di celebrarne il decimo anniversario.

 

 

Prima di approdare alla Marvel, con Captain America: The Winter Soldier e Captain America: Civil War, Joe e Anthony Russo, i registi di Infinity War – parte di una storia divisa in due parti, di cui la seconda è prevista per il maggio 2019 – si sono formati su serie tv come Arrested Development e Community. La loro vocazione comica prevale spesso in questo film, effettivamente parlatissimo. È una struttura, quella del continuo scambio di battute dei personaggi, un po’ da sitcom, che contrasta in modo strano con l’anima profondamente dark, wagneriana, della trama degli eventi e soprattutto con il gran finale iper drammatico – giocato in montaggio parallelo tra una battaglia nella savana di Wakanda e una tra i canyon vetrati di New York – che (ci) avrebbe scosso ancora di più se filtrato da un occhio grandioso e pittorico. Le sorelle Wachowski, invece dei Russo bros.

 

Thanos (Josh Brolin dietro alla computer grafica con enorme mento rugoso e sadismo affilato) è il cattivo protagonista a caccia delle pietre colorate che, una volta incastonate nel suo guantone speciale, gli permetteranno di distruggere metà della popolazione terrestre, inclusi i supereroi. È il suo piano per rimettere il pianeta sul giusto corso. Dolorosissimo già l’inizio, con Thor e l’inaffidabile fratello Loki, prigionieri del gigante guerriero spaziale, un suo scheletrico ma potente inviato che dà del filo da torcere a Doctor Strange, mentre gli Avengers (dopo Civil War) sono smembrati e non si parlano più.
Applausi a scena aperta per l’entrata in scena – annunciata dal tocco pop musicale ironico che accompagna i film di James Gunn – dei Guardiani della galassia, con Peter Quinn che si mette subito in macho-competizione con Thor. Ma l’applauso più grande è riservato al ritorno a Wakanda. L’eco ancora fresco dello straordinario successo di Black Panther.

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