La reporter curda Nurcan Baysal: «Rischio l’arresto»
Turchia Raid della polizia nella casa della giornalista a Diyarbakir. Già arrestata due volte in passato, ora teme una nuova detenzione per la sua posizione contro l'operazione turca nel nord della Siria
Turchia Raid della polizia nella casa della giornalista a Diyarbakir. Già arrestata due volte in passato, ora teme una nuova detenzione per la sua posizione contro l'operazione turca nel nord della Siria
Ancora intimidazioni a Nurcan Baysal, la giornalista curda di stanza a Diyarbakir, nel Kurdistan turco. Nurcan ha rivolto un appello alla comunità internazionale, chiedendo aiuto e supporto: sabato mattina alle 5, 30-40 ufficiali armati della polizia di Erdogan hanno fatto irruzione nella sua casa a Diyarbakir per arrestarla.
Nurcan in questo momento si trova a Londra, invitata da Pen International e rimarrà nella capitale fino a dicembre, per poter scrivere liberamente per Ahvalnews.com, giornale indipendente non governativo che ha come motto «Nient’altro che la verità».
Baysal nella notte ha scritto una nota, inviandola anche alle colleghe del Forum of Mediterranean Women Journalists, con cui è in rete tutto l’anno: «Ho paura che a dicembre, quando tornerò, mi arresteranno di nuovo. I miei due figli sono terrorizzati. Hanno detto che mi stavano cercando per un’indagine sui miei post, pubblicati sui social media, in cui criticavo l’offensiva militare turca nel nord della Siria. Coloro che chiedono pace e diritti umani sono messi a tacere e brutalmente oppressi in Turchia. Io sono solo una di loro. Migliaia di altri attivisti sono attualmente in prigione. Abbiamo bisogno della vostra voce e della vostra solidarietà!».
Nurcan, che da anni scrive delle persecuzioni e della pulizia etnica della popolazione curda da parte di Erdogan, in passato è stata già arrestata due volte. La prima volta è stata condannata per aver criticato le operazioni militari ordinate dal governo nella città curda di Cizre: secondo l’accusa, avrebbe «umiliato le forze di sicurezza turche». La condanna a dieci mesi di reclusione era stata poi sospesa.
La seconda volta è stata accusata di terrorismo per aver criticato con cinque tweet pacifisti l’operazione militare «Ramoscello d’ulivo» ad Afrin. Accusa da cui è stata poi assolta.
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