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La protesta civile del Beheiren

La protesta civile del BeheirenUna scena dal film di Imamura, Karayuki-san, the Making of a Prostitute

Maboroshi Nel marzo del 1965 gli Stati Uniti lanciarono l’operazione Rolling Thunder, una missione di bombardamento aereo con la quale in tre anni devastarono la popolazione civile del Vietnam: i morti […]

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 27 aprile 2018

Nel marzo del 1965 gli Stati Uniti lanciarono l’operazione Rolling Thunder, una missione di bombardamento aereo con la quale in tre anni devastarono la popolazione civile del Vietnam: i morti furono centinaia di migliaia. L’operazione fu possibile grazie alle quasi 150 basi americane presenti nell’arcipelago nipponico. Per protestare contro la guerra, ma in particolare ed in modo politicamente più fine contro un sistema decisionale di stampo decisamente anti-democratico, quello del governo giapponese che aveva dato appoggio incondizionato agli Stati Uniti senza interpellare la popolazione ed i suoi rappresentanti, in Giappone si formò il Beheiren, un gruppo di attivisti che avrebbe fatto storia.

 

 

Contrazione di Betonamu ni heiwa o shimin rengo, l’unione dei cittadini per la pace in Vietnam, il Beheiren fu uno dei primi movimenti non governativi e di protesta civile nel dopoguerra giapponese, e si formò attorno alla leadership dello scrittore Makoto Oda e del filosofo e storico Shunsuke Tsurumi nell’aprile del 1965, quando più di 1500 persone si riversano per le strade della capitale. Nel corso dei nove anni in cui fu attivo, il gruppo si distinse per la sua forma liquida ed un approccio variegato alla protesta: oltre alle dimostrazioni, il Beheiren comprò in due occasioni delle pagine pubblicitarie sul «New York Times» e sul «Washington Post» per rimarcare il messaggio contro la guerra, ma operò anche attraverso l’acquisto di azioni e allo stesso tempo fu uno dei primi movimenti ad incoraggiare azioni individuali e non necessariamente comunitarie o di gruppo. Ancora oggi negli incroci più affollati delle città giapponesi o davanti alle stazioni più grandi, spesso si può vedere un singolo individuo munito di megafono protestare contro il nucleare o l’attacco all’articolo 9 della costituzione, quello che rifiuta la guerra, un modo di dimostrare il proprio dissenso molto probabilmente derivato dal Beheiren. Il gruppo ebbe anche un afflato internazionalista, molti dei suoi proclami furono infatti scritti in inglese e varie furono le connessioni con i movimenti negli altri paesi, 20 soldati americani ad esempio furono aiutati a disertare attraverso la creazione di passaporti falsi e aiutati a rifugiarsi in Svezia.

 

 

L’influenza di questo movimento, dei suoi approcci e delle istanze da esso sollevate, si fece sentire anche negli ambiti più strettamente culturali. I documentari che Shohei Imamura realizzò fra il 1971 ed il 1973 per la televisione, In Search Of The Unreturned Soldiers In Thailand,  In Search Of The Unreturned Soldiers in Malaysia e Karayuki-san, the Making of a Prostitute, nascono proprio grazie al contesto politico fornito dal Beheiren.

 

Imamura si recò in Malesia e Thailandia alla ricerca di soldati o persone giapponesi rimaste sul luogo dopo la fine della guerra, scoperchiando di fatto le connessioni economiche, politiche e militari ancora in forza e operanti fra il Giappone e gli altri paesi asiatici ed un uso distorto della memoria e della storia.

 

 

L’impegno civile dei membri del gruppo continuò anche dopo lo scioglimento, conseguenza della fine della guerra in Vietnam: i vari attivisti continuarono le loro attività in altri settori e ambiti, portando nuova linfa civile nell’arcipelago. In un periodo che vede riaffiorare a macchia d’olio sul territorio giapponese i movimenti di protesta (non ancora numericamente massicci, ma in lenta crescita) contro il governo Abe e la sua cricca, contro i vari tentativi di cambiare la costituzione pacifista del paese e contro i favoritismi dell’élite, l’esempio del Beheiren, con tutte le differenze del caso, sembra tornare sempre più attuale.
matteo.boscarol@gmail.com

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