Il governo chiede di scorporare le spese militari dal calcolo del deficit, già sottoposto a una procedura di infrazione dalla Commissione Ue. Quanto all’impegno di incrementare la spesa per la difesa fino al 2% del Pil, o i nuovi piani dell’Alleanza per il sostegno all’Ucraina il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha puntualizzato ieri all’Ecofin a Lussemburgo che si tratta di «un impegno e non un obbligo». «L’Italia ha contingenti militari all’estero in misura maggiori agli altri paesi». «Se la Commissione Europea mi dice che le spese per la difesa sono escluse dall’aggregato di spesa sotto controllo nella governance, allora lo possiamo fare. C’è una guerra in corso». Cioè, si possono aumentare le spese militari, ma non si taglierà la sanità. «non abbiamo mai tagliato niente – ha detto Giorgetti – Abbiamo soltanto incrementato le dotazioni dei fondi».

In compenso si bloccherà la spesa sociale. Avverrà nei prossimi 4-7 anni quando il governo Meloni dovrà impostare, ora, una riduzione del rapporto deficit/pil al 7,4% del 2023 all’1,5% a regime, previsto dal «nuovo» patto di stabilità. Uno scenario peggiore del «vecchio» patto di stabilità che aveva fissato l’asticella allo «stupido» 3%. Senza parlare del debito. Per un paese che veleggia oltre il 140% sul Pil dovrà ridursi di almeno un punto all’anno, in media. Fino al mitico 60%.

Giorgetti ha ripetuto ieri il suo «must»: è «prioritario» confermare la «decontribuzione» a favore dei «redditi medio-bassi». Cioè il taglio del cuneo fiscale. Invece di rinnovare i contratti, e spingere verso l’aumento dei salari, si usano denari pubblici per dare un centinaio di euro in più ai lavoratori dipendenti. Una mancia salata per le casse pubbliche: 10 miliardi. Giorgetti ha detto che non saranno «in deficit» nella prossima legge di bilancio. Auspici forti di inizio estate.

Per l’Ufficio Parlamentare di Bilancio (Upb) la prossima «manovra» sarà almeno di 20 miliardi. Più i dieci-dodici che la Commissione Ue chiederà di tagliare nell’ambito della procedura di infrazione scattata questa settimana. Il percorso, oscuro e complesso, terminerà alla fine dell’anno con l’approvazione della legge di bilancio. Ieri si attendeva la cosiddetta la “traiettoria” di riferimento per l’andamento della spesa netta che, per la Commissione Ue, indica il modo in cui gli Stati membri terranno fede alla sua politica neoliberale. «Abbiamo cominciato la discussione ieri sera» ha detto Giorgetti. Il governo ha ricevuto il documento dalla Commissione Ue. Che però tiene alla sua confidenzialità. Giorgetti ha confermato che non lo renderà pubblico. E non ha spiegato la ragione di una simile scelta. A chi gli ha chiesto una ragione ha risposto: «No assolutamente no; tanto l’avrete prima voi che noi». «Abbiamo fatto le nostre simulazioni: bella, brutta, media. Diciamo – ha detto – che la speranza è che siamo tra il medio e il bello». La politica di bilancio trasformata in una caccia al tesoro. O nelle previsioni del tempo.