La “pax zingarettiana” alla prova delle correnti
Partito democratico Oggi l'incoronazione del segretario nell'assemblea nazionale. Le minoranze devono decidere se votare per Gentiloni presidente. L'area Martina già divisa in quattro applaude al partito "aperto" ma pensando alle liste per le europee
Partito democratico Oggi l'incoronazione del segretario nell'assemblea nazionale. Le minoranze devono decidere se votare per Gentiloni presidente. L'area Martina già divisa in quattro applaude al partito "aperto" ma pensando alle liste per le europee
L’ambiente, il lavoro, l’opposizione al governo gialloverde, le alleanze, il modello di partito e il futuro del movimento Piazza grande che lo ha portato alla vittoria; ma soprattutto la mano tesa alla parte dialogante della minoranza – l’ex area Martina – con una proposta generosa sulle europee del 26 maggio. Viatico per una buona navigazione anche in eventuali future scissioni. Stamattina il neo segretario Pd Nicola Zingaretti avrà il suo battesimo da leader del partito a Roma, all’assemblea nazionale dell’Hotel Ergife.
Si vedrà se la partenza sarà senza intoppi. Mille delegati, 660 schierati con il nuovo segretario, circa 220 per la mozione Martina e 120 per quella Giachetti . La liturgia prevede, dopo la proclamazione, i discorsi dei due candidati sconfitti, infine quello del vincente. Dal dibattito si capirà se la «pax zingarettiana» scoppierà davvero e l’elezione del presidente, Paolo Gentiloni, dei due vicepresidenti (con ogni probabilità due donne, Debora Serracchiani e Anna Ascani» che spettano alla minoranza, del tesoriere (Luigi Zanda) e la direzione (80 componenti su 120 sono con il segretario) non lascerà troppi feriti sul campo. Operazione non scontata, soprattutto perché la mozione Martina nel frattempo si è fatta in quattro (letteralmente) e la mozione Giachetti si astiene su Gentiloni e si prepara a una collaborazione ridotta al minimo sindacale: «Nessun fuoco amico» ma «saremo le sentinelle riformiste del Pd», ha deciso ieri.
Su Gentiloni dunque non c’è l’unanimità e per il segretario è essenziale il sì della mozione Martina. Un presidente votato solo dalla maggioranza non darebbe l’immagine dell’unità del partito. La mozione si riunirà oggi prima dell’assemblea. Propensa a votare Gentiloni è l’area Di Luca Lotti e Lorenzo Guerini. Ma, naturalmente, tutto dipende da Zingaretti: «Ascolteremo la relazione, starà a lui fare una proposta, se riterrà. Noi doverosamente la valuteremo», spiegano. Astensione certa invece per la mozione Giachetti, quella dei turborenziani. Anche se in un’intervista Matteo Renzi, venerdì sera su La7, si è tolto il gusto di mostrare eleganza e superiorità rispetto ai suoi fedelissimi: «Se (Gentiloni, ndr) è la proposta di Zingaretti, benissimo».
C’è anche la partita delle proporzioni delle varie anime in direzione in direzione. C’è maretta nella minoranza Martina: il candidato sconfitto – con Delrio, Richetti e Orfini, – propone di dividere i rappresentanti a metà, per l’area Lotti, la proporzione dovrebbe essere 70 a 30. Se entro stamattina non si troverà una mediazione potrebbe finire che in assemblea ognuno si voterà i suoi.
Ma il vero punto è che la mozione Martina vuole vedere le carte di Zingaretti e capire «la traduzione concreta dell’intenzione unitaria del segretario». Tradotto: aspettano la proposta per la segreteria, quella per la gestione del partito e, last but not least, un’apertura sulle liste per le elezioni europee, apertura rivolta anche dentro il partito, non solo fuori dal partito, come quella per cui oggi il segretario chiederà il mandato. Dossier informalmente già aperto, ma puzzle per niente facile da comporre. Dovrà trovare un bandolo fra i nomi dei capolista, bandiere della nuova era, come Giuliano Pisapia, e i ventisei europarlamentari uscenti. Garantire i renziani che non usciranno dal partito. E infine, sI fa per dire, governare l’iperattivismo di Carlo Calenda che in questi giorni ha suscitato una petizione – un’altra – di renziani per la sua candidatura nel Nord ovest, che lui stesso aveva «ceduto volentieri» all’ex sindaco di Milano dalle pagine di Panorama, incurante del ruolo del segretario del Pd. Zingaretti lo lascia fare, per evitare strappi e polemiche. Così come, nonostante gli annunci in senso opposto, cede alle richieste delle correnti. Nel Lazio, il bacino più forte dei suoi voti, probabilmente non avrà suoi candidati forti per lasciare spazio a Sassoli e Gasbarra (area Franceschini): Bonafé (Area Renzi) e Gualtieri (Giovani turchi). L’uscente Goffredo Bettini ha annunciato che non si ricandiderà.
Alle tre e mezza comunque tutto sarà finito Zingaretti andrà a rendere omaggio a Porta San Paolo, ai caduti della Resistenza di Roma, da poco riconosciuta medaglia d’oro al valore militare.
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