Cultura

La Palestina e il buio esiziale della ragione

La Palestina e il buio esiziale della ragioneGaza, foto Ap

SCAFFALE «Umanità violata», l'ultimo libro di Roberta De Monticelli da oggi in libreria per Laterza

Pubblicato 7 giorni faEdizione del 20 settembre 2024

È sufficiente dirci scossi da quello che sta accadendo a Gaza dallo scorso 7 ottobre, e prima ancora da quello che sta accadendo su tutto il territorio palestinese da troppi anni, da troppi decenni, che non giustifica in nessun modo i fatti del 7 ottobre, perché non sarebbe possibile, ma li spiega, inscrivendoli nella Storia? È abbastanza, sentirsi turbati? No, non lo è. Ha ragione Roberta De Monticelli nel suo libro in uscita oggi da Laterza, Umanità violata. La Palestina e l’inferno della ragione (pp. 246, euro 19), perché questa sembra la premessa stessa del suo discorso: Gaza ci interroga, deve interrogarci, più radicalmente. Ci chiama in causa come esseri umani. In gioco non è soltanto ciò che sta accadendo in quel lembo di terra, ma è la nostra umanità nella sua essenza profonda.

IN GIOCO, dunque, sono anche i fondamenti del diritto e della filosofia e la loro stessa epistemologia, perché di cos’altro dovrebbero occuparsi il diritto e la filosofia, se non di questo? Degli esseri umani in carne e ossa. Quale altra sarebbe la funzione del diritto se non quella di contribuire a costruire, quasi come una forma di religione civile, uno spazio condiviso che ciascuno possa riconoscere come luogo proprio pur senza escludere che anche chiunque altro possa riconoscervisi altrettanto, un luogo al quale ciascuno possa sentirsi di appartenere insieme agli altri, come un tenersi insieme ma senza strangolarsi?
Far cadere i confini, potremmo anche dire: precostituire le condizioni perché l’appartenenza a sé stessi possa davvero declinarsi e dispiegarsi come appartenenza al mondo. E non è forse vero, come di recente ricordava Giovanni Fornero, che tutto ciò – il diritto nei suoi elementi costitutivi – non può non implicare, prima di tutto, l’assunzione di opzioni anche filosofiche, se non esistenziali tout court?

Umanità violata contiene pagine da ricordare, e del resto Roberta De Monticelli è una maestra riconosciuta del nostro pensiero filosofico, attenta da sempre alle connessioni fra il diritto e la filosofia. In più, a contraddistinguerla è una fortissima passione politica, nel senso alto e nobile dell’accezione. Ma sia chiaro: nessuna concessione, da parte sua, al minimo giustificazionismo rispetto alle violenze compiute da Hamas. Il punto non è giustificare, come si è detto; semmai è comprendere. Ma non è neppure questo. Se l’attenzione qui si concentra, in particolare, sulle violenze compiute da Israele è solo perché, sotto l’aspetto filosofico e giuridico, fra le due violenze viene marcata una differenza «radicale», al di là di qualunque gradazione del male: l’una, la violenza di Hamas, è una violenza «senza vincolo di legge»; l’altra, quella di Israele, è una violenza «soggetta a tutti i vincoli di uno stato di diritto e del diritto internazionale».

LA DOMANDA che De Monticelli allora si pone è: se cancelliamo questa distinzione, «cosa resta dell’idea stessa del diritto, questa grandiosa invenzione umana a metà strada fra la forza e la giustizia, questo vincolo della civiltà che, sciolto, la rovescia nella guerra?» Oppure, in altri termini: come può il diritto, anziché farsi strumento di regolazione della forza, quale dovrebbe essere, trasformarsi in pura forza a sua volta, in sé stesso?
Se è vero che il diritto non è che uno strumento funzionale alla giustizia, come può ammettere di risolversi a sua volta in violenza, pretendendo di elevarla a «ragione»? E la risposta è che non può, se non a patto di perdersi, di tradirsi. Per questo Gaza è un «nodo» del pensiero e della Storia, irriducibile a pura e semplice «misura locale»: perché è una metafora dell’abisso, di ciò che può diventare la ragione quando si riduca a pura forma, quando cessi di animarla il fiato della vita.
Ma Umanità violata non è un’indagine solo speculativa. È anche un’immersione nel corpo caldo delle cose. Il libro nasce da un viaggio in Israele e Palestina compiuto fra il 2022 e il 2023, nel corso del quale De Monticelli ha guardato con i propri occhi, incontrato le persone, conosciuto le loro storie, mangiato alle loro tavole. Ha incarnato lei stessa il senso del diritto quale dovrebbe essere, ed è questa la più grande lezione che le sue pagine ci lasciano: il diritto non è un’astrazione da collocare nell’alto dei cieli, siamo noi a dover farcene interpreti per primi.

È UNA LEZIONE nella quale sembra di sentir risuonare anche quella di Simone Weil, non a caso evocata spesso da De Monticelli fra i suoi riferimenti principali: la giustizia è tale solo quando sappia guardare in volto colui o colei che hanno bisogno, quando sappia cogliere l’unicità e l’irripetibilità di ciascuno. Sono queste le condizioni indispensabili perché il diritto possa dirsi umano; ma in fondo anche perché l’essere umano possa dirsi tale, indipendentemente da qualunque distinzione fra parti e punti di vista.
Ed è, oltre che una lezione, anche un segno di fiducia e speranza: la giustizia sarà sempre possibile fino a quando ci ricorderemo che «le decisioni finali non sono mai i sistemi o le istituzioni a prenderle, senza il volto o la mano di un individuo che firma un atto, o un atto contrario. E se ‘ordine e giustizia non vanno sempre a braccetto’ non è colpa della Storia (…) ma degli individui in carne ed ossa che hanno approvato questo divorzio».

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