Se il fronte militare ucraino resiste, anche quello culturale si fa sentire, presente quest’anno in rassegna al Festival del cinema europeo di Lecce diretto da Alberto La Monica (12-19 novembre), con una selezione di opere provenienti dal Molodist festival di Kyiv che quest’anno si è svolto ad Amburgo. «Un gesto di solidarietà nei confronti dell’Ucraina, ha sottolineasto Andryi Khalpakhchi direttore del Molodist, reso possibile grazie all’esercito che ci ha dato la possibilità di viaggiare». Presenti i registi tranne Antonio Lukich (Luxembourg Luxembourg) e Oleh Sentsov autore del possente Rhino (sette anni di preparazione, storia di un criminale di epoca postsovietica, presentato anche a Venezia), regista condannato a 20 anni di reclusione con l’accusa di atti di terrorismo, poi in sciopero della fame per la liberazione di 65 prigionieri ucraini in Russia, rilasciato infine nel 2019 con uno scambio di prigionieri.

CI PORTA direttamente al fronte Marian Bushan (classe 1983) con Sniper: The White Raven (sarà nelle sale con Imago) dal Donbass del 2014 all’invasione, storia vera del più famoso cecchino ucraino, l’adesione al battaglione dei volontari, l’addestramento e le sue azioni militari. Il film si concentra sulla capacità di attesa e precisione assoluta nell’imparare a maneggiare il Dragunov 1963 in dotazione che di precisione ne avrebbe ben poca, con una polarità opposta ai film statunitensi di guerra che hanno come protagonisti altri famosi sniper, ma dove l’azione è centrale. Qui le vicende personali del protagonista (professore di matematica e fisica votato al peace and love, a cui i russi hanno ucciso la moglie) portano a una messa in scena della vendetta preparata scientificamente, azione di un corpo addestrato all’attesa, soldati che, ricoperti di reti mimetiche, strisciano invisibili come già avvolti nei sudari. «L’appoggio che potete darci, è l’appello del regista, è quello di favorire le coproduzioni con l’Ucraina, perché per noi cineasti è l’unico modo per continuare a lavorare. I documentaristi hanno qualche possibilità di girare durante la guerra, o le registe che sono all’estero non impegnate a combattere, ma per i cineasti non ci sono possibilità». La cinematografia ucraina che negli anni ’80 aveva avuto una rinascita con le sue forti tradizioni documentaristiche e di animazione, è crollata poi negli anni ’90 con un solo film all’anno, poi lo stato ha iniziato a sostenere il cinema, i giovani hanno cominciato a vincere premi nei festival, ma ora sono stati interrotti i finanziamenti anche per i film già iniziati: «I fondi previsti, dice Andryi Khalpakhchi direttore del Molodist, sono stati impiegati per armi ed esercito. Il festival quest’anno durerà solo tre giorni, è vero che le sale stanno riaprendo, ma spesso manca l’elettricità e il pubblico sarà costretto a volte a lasciare la sala. Molodist è un festival che ha il supporto dei privati, ha bisogno di sponsor».

GIOVANE cinema quello che si è visto nella rassegna, ma anche sorprendentemente giovanissimo come nel caso del diciottenne Andryi Kokura che ha iniziato a girare il suo Pokut a 16 anni, dopo il corto Run Away in concorso al Molodist. Pokut (Penitenza) appare come uno dei film che sarebbero subito stati messi sotto censura in epoca sovietica: onirico, sensoriale, con suggestioni paranormali, pur nella sua dimensione di dramma familiare. Lo scontro avviene intorno al tavolo da pranzo dove la figlia rifiuta violentemente la presenza della nuova donna del padre, orfana di madre da appena un anno (famosissimi in Ucraina gli attori Dasha Volga e Andriy Romaniy, trovata su Instagram la giovane Kateryna Hretskykh). Fin da subito il film prende le distanze dalle buone maniere cinematografiche sventagliando da un personaggio all’altro per poi uscire in esterni dove, alla ricerca di segni lasciati dalla madre scomparsa come a farla rivivere, percorre spazi solitari in campagna, in metro, sulle staccionate e sotto i tunnel, proprio come un personaggio del primo Skolimowski, alla ricerca dei suoi ricordi con rabbia, atmosfere catturate dalle nouvelles vagues degli anni ’60: «Sono stato ispirato dal cinema classico, ci dice, da Bergman, Antonioni, Tarkowskij. Non mi piace usare le convenzioni precostituite, ma scoprire cosa la cinematografia può significare per me. Mi piace scoprire quello che succede nel mondo, approfondire la cultura, anche se per gli allenamenti ho saltato tanti giorni di scuola». Infatti Kokura è anche un campione olimpico di pattinaggio e si sta allenando per i campionati del mondo.

UNA CONCENTRAZIONE di problematiche sociali non risolte è espressa in Between Us esordio di Solomiya Tomaschuck (classe 1991): anche qui la coprotagonista è una ragazza, dai comportamenti simili a quelli di un animale selvatico sotto anfetamine, presa in carico da una dottoressa a cui si rivolge per una gravidanza indesiderata, ritratto spietato della società.
Allarga il campo alle problematiche della corruzione delle istituzioni, How is Katia? esordio di Christina Tynkevych, premio speciale della giuria a Locarno e premio per l’interpretazione femminile a Lecce per Anastasia Karpenko: una madre decide di rifiutare il denaro offerto a risarcimento e porta in tribunale chi ha investito la figlia uccidendola, una scelta destinata alla sconfitta.