La partecipazione al vertice di Gedda del Consiglio di cooperazione del Golfo + 3, ha chiuso ieri il viaggio di Joe Biden in Medio oriente. Valutazioni diverse descrivono i risultati portati a casa dal presidente americano. Se l’intento di Biden era di rafforzare i legami, già strettissimi, con Israele, al punto di impegnare gli Stati uniti, nero su bianco, persino in una possibile guerra con l’Iran, allora Biden ha raggiunto il suo scopo. E altrettanto si può dire se il suo fine era anche quello di riabilitare il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Mbs) – ritenuto il mandante dell’assassinio nel 2018 dell’opinionista del Washington Post, Jamal Khashoggi – nel quadro del piano per la sostituzione del greggio e del gas della Russia con quelli delle petromonarchie del Golfo. Ma se tra gli obiettivi del viaggio c’era anche l’annuncio dell’adesione dell’Arabia saudita agli Accordi di Abramo e della normalizzazione delle relazioni tra Tel Aviv e Riyadh, allora Biden ha fallito.

Israele dovrà aspettare per alzare il trofeo più ambito, malgrado il lavoro diplomatico che per mesi ha portato avanti l’Amministrazione Biden allo scopo di dimostrare di non essere meno efficace di quella di Trump nel favorire «l’integrazione di Israele nella regione». Peraltro, non è chiaro se ieri abbia fatto progressi il progetto di un sistema integrato di difesa aerea israelo-arabo in funzione anti-Iran. All’Arabia saudita sta bene la situazione attuale: nessun rapporto con Israele alla luce del sole e relazioni strette, a più livelli, dietro le quinte. A ribadirlo era stato venerdì il ministro degli esteri saudita Adel Al Jubeir alla Cnn, in una intervista concessa poco dopo l’arrivo di Biden a Gedda. L’Arabia saudita, ha spiegato Al Jubeir, molto vicino a re Salman e all’erede al trono Mbs, considera una futura normalizzazione dei rapporti con Israele come «un’opzione strategica». Ma prima che ciò avvenga, ha aggiunto, serve che vi sia una pace con due Stati, Israele e Palestina. «Sosteniamo l’Iniziativa di pace araba (del 2002, «pace con Israele in cambio della restituzione dei territori arabi e palestinesi che ha occupato») – ha proseguito il ministro saudita – e abbiamo chiarito che la pace arriverà alla fine del processo, non all’inizio».  Non che a Riyadh abbiano davvero a cuore la libertà e l’indipendenza dei palestinesi. Ma c’è di mezzo lo status di Gerusalemme e i Saud, che si proclamano i protettori di Mecca e Medina, non vogliono correre a normalizzare i rapporti con Israele mentre la Spianata della moschea di Al Aqsa – terzo luogo santo dell’Islam – è sotto la pressione di gruppi e organizzazioni dell’estrema destra religiosa israeliana che, con l’appoggio di una parte del mondo politico, mirano ad impossessarsi almeno di una porzione del sito ritenuto l’area del biblico Monte del Tempio.

I sauditi comunque ringraziano Biden che ieri a Gedda ha annunciato in via ufficiale il ritiro della forza multinazionale di osservatori dalle isole del Mar Rosso di Tiran e Sanafir – dove sono rimasti per 40 anni dopo la firma degli Accordi di pace di Camp David -, un passo che consentirà il loro passaggio dall’Egitto all’Arabia saudita. Per Biden ciò rappresenta un passo verso la normalizzazione dei rapporti tra Israele e Arabia saudita che, ha detto il presidente, «ha accettato di preservare e continuare tutti gli impegni e le procedure esistenti nell’area», in riferimento al ruolo dello Stato ebraico nell’accordo per le due isole. Tiran e Sanafir nel 1967 durante la Guerra dei sei giorni furono occupate dalle truppe israeliane per poi passare sotto il controllo egiziano nel 1979. Nel 2017 Egitto e Arabia saudita avevano già raggiunto un accordo per il passaggio delle isole dalla sovranità egiziana a quella saudita ma tale trasferimento non è mai avvenuto perché non aveva il benestare di Israele alla modifica del trattato di pace con l’Egitto.

Mentre venerdì notte Al Jubeir alla Cnn parlava di Stato palestinese da creare prima della normalizzazione con Israele, l’aviazione dello Stato ebraico ha colpito più volte a Gaza presunte «fabbriche di armi di Hamas». Qualche ora prima erano stati lanciati razzi da Gaza che hanno fatto risuonare le sirene antiaeree ad Ashkelon. Non ci sono stati danni.