La memoria è sete di pace
Se c’è una data nel calendario civile della nostra Repubblica che oggi racconta del nostro presente e del nostro futuro più di qualunque altra è forse proprio il 24 marzo. Settantanove anni fa a Roma alle Fosse Ardeatine l’assassinio efferato di 335 uomini da parte degli occupanti nazifascisti segna uno dei momenti più drammatici della lotta di liberazione consegnando alla storia il testimone di un martirio brutale, dove prendono corpo insieme l’oppressione della dittatura, la ferocia dell’occupazione e la crudeltà della guerra con il gioco sporco delle sue leggi.
Una lastra di pietra schiaccia la luce e le parole nel Mausoleo delle Ardeatine, e sembra quasi di riconoscere quel monumento fatto con il silenzio dei torturati e degli uccisi che in un lontano 1952, Pietro Calamandrei risponde al generale nazista e criminale di guerra Kesserling.
Quest’anno quel tragico silenzio si fa più assordante all’indomani di un anniversario più vicino e altrettanto drammatico. Sono poche le settimane infatti che ci separano dal primo anno del conflitto in Ucraina e i venti di una terza guerra mondiale disseminata sul pianeta accorciano le distanze geografiche fin dentro il cuore d’Europa.
Due date differenti che a quasi ottant’anni di distanza si rincorrono l’un l’altra in un terribile legame che ci chiama a riflettere sul senso della memoria nel nostro presente. Memoria e Politica.
Come da qualche anno a questa parte la celebrazione della Presidenza della Repubblica dell’Eccidio delle Ardeatine, viene anticipata da una manifestazione corale figlia del lavoro quotidiano che nei quartieri di Garbatella e Tor Marancia da tempo le scuole del territorio e di Roma dedicano al valore della memoria come ingranaggio di futuro dentro la società. Neanche la pandemia ha potuto interrompere una adesione emotiva straordinaria a quest’appuntamento, mentre le celebrazioni istituzionali lasciavano il passo ai vincoli sulle manifestazioni pubbliche. Una marcia per la memoria a cui quest’anno più di mille studenti e studentesse delle scuole primarie e secondarie hanno interpretato riuscendo laddove non riesce la politica più alta del nostro paese ossia congiungere memoria e presente in quel vincolo eterno di mandato che i martiri delle Ardeatine, come quelli delle altre città martiri del nostro paese ci hanno consegnato: la pace.
Costruire una agenda di pace è il compito della Repubblica, questo è il mandato che la nostra memoria civile e collettiva ci consegna ormai quasi ottanta anni fa. Quel compito scolpito nella nostra Costituzione che sceglie di ripudiare la guerra non solo come strumento di offesa ma anche come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.
C’è nei migliaia di ragazzi che hanno camminato anche quest’anno verso il Mausoleo delle Ardeatine, come nelle centinaia di manifestazioni per la pace che si sono susseguite durante quest’anno una consapevolezza profonda, genetica ossia che la guerra si normalizzi nel nostro discorso pubblico e nella politica, come annunciazione di un mondo diverso, di un’Europa diversa, quella dei nazionalismi e del riarmo.
L’afasia diplomatica europea in questo lungo anno di guerra è il grande dramma del nostro tempo. In Ucraina oggi l’imperialismo russo e il protagonismo militare della Nato sovrastano tutto, innanzitutto gli aggrediti in uno stato di conflitto senza conclusione.
«La guerra è una merda…», recita un recente editoriale della ong Mediterranea proprio in queste settimane, dichiarando una posizione non neutrale ma che sceglie di stare dentro il conflitto dalla parte della popolazione inerme e delle vittime. La stessa posizione che la prossima settimana prenderà corpo con una nuova missione umanitaria della rete #stopthewar che lancia un convoglio di decine e decine di piccoli mezzi di aiuti alla volta di Odessa per soccorrere un paese stremato.
La voce dei martiri delle Ardeatine sarà in quel convoglio che chiede all’Europa di tornare ad avere un protagonismo diplomatico e non militare per la pace, e con lei saliranno sui mezzi le voci di quella maggioranza diffusa di pacifisti di ogni età, anzi, soprattutto giovanissimi che nel nostro paese non si sono stancati di chiedere futuro e pace. Non una maggioranza silenziosa, ma una maggioranza che sa rispettare il silenzio, il silenzio delle vittime e dei torturati, e vuole tenere fede a quel patto di democrazia, libertà e pace scolpito nelle pietre delle Fosse Ardeatine.
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