In una parola
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La mascolinità che intossica il mondo

In una parola La rubrica settimanale a cura di Alberto Leiss
Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 5 luglio 2022

Giorni fa un uomo molto giovane conosciuto nella rete di Maschile plurale diceva che nel linguaggio della sua generazione corre normalmente l’uso del termine mascolinità tossica. Non succedeva ai tempi in cui ero giovane io, anche se ci capitò di imbatterci in una inaspettata rivolta delle donne. Forse la rivoluzione femminista dell’ultimo mezzo secolo sta producendo nel senso comune ereditato da un passato patriarcale (duro a morire) l’idea che sono diffusi comportamenti maschili non più accettabili, e che rovinano la vita non solo a moltissime donne, ma condizionano pesantemente la formazione delle identità e personalità maschili.

Ho ripensato a queste discussioni in gruppi di uomini che desiderano riflettere sui cambiamenti delle relazioni tra i sessi leggendo le frasi di alcuni maschi dal cui linguaggio, pensieri, azioni, dipendono, in una buona misura, i destini del mondo.
L’estroverso premier inglese Boris Johnson se ne è uscito con questa osservazione: «Se Putin fosse stato una donna, cosa che ovviamente non è, non credo davvero che si sarebbe imbarcato in una guerra pazza e maschilista di invasione e violenza, nel modo in cui ha fatto».
E ha aggiunto poco dopo: «Se volete un perfetto esempio di mascolinità tossica, eccolo: è quello che Putin sta facendo in Ucraina. Ci sarebbe bisogno di più donne in posizione di potere».

Ho visto da qualche parte lo spezzone della registrazione video di questa intervista alla tv ZDF, relativo alle frasi riportate.
Johnson aveva appena partecipato alla riunione di capi di stato del G7, e sembra parlare del tutto seriamente. Abbiamo visto le immagini di quel consesso maschile – tanto per cambiare – con la presenza di un’unica donna, la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen.
Lei con una camicetta bianca a maniche corte, e tutti gli altri senza giacche e cravatte e le camicie altrettanto bianche con le maniche arrotolate, complice il gran caldo. Johnson – forse perseguitato da pensieri sulla maschilità più o meno tossica – ha fatto qui una battuta sulla stessa lunghezza d’onda: già che ci siamo perché non facciamo una bella foto tutti a torso nudo?

A parte l’imbarazzo di una presenza femminile (qualcuno ha definito «fuoriluogo» la spiritosaggine del premier inglese) il destinatario era ovviamente ancora Putin, che ama farsi fotografare in maschie pose, a cavallo e non solo, a torso nudo, durante battute di caccia e altre attività sportive.
Il quale Vladimir Putin non si è lasciato sfuggire l’occasione di rispondere da par suo: «Non so come i leader del g7 vogliano spogliarsi – ha replicato da Ashgabat, al vertice dei Paesi del Caspio – se a torso nudo fino alla vita o anche sotto la vita, ma penso che sarebbe in ogni caso uno spettacolo disgustoso».

Lucio Caracciolo – uno dei pochi che ci parla della guerra in modo ragionevole e relativamente informato – ha scritto sulla Stampa che Usa e Russia, e non solo, stanno cercando di accelerare una tregua per mettere fine ai massacri e magari durare anni e decenni ibernando un conflitto sempre più carico di odio reciproco. Speriamo che sia vero.
Intanto contempliamo (attoniti?) che – mentre in America e in altri paesi europei si scatena un’altra guerra maschilista ai corpi femminili sull’aborto – gli scambi tra il «femminista» Boris Johnson (il più bellicoso dei capi occidentali) e il “machista” Putin sembrano rivelare che tra le cause del conflitto può esserci ciò che si cela sotto le cintole di questo gruppo di signori.

Non sarebbe venuto il momento di un vigoroso e prima di tutto maschio No a qualsiasi forma di guerra e di violenza?

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