Cultura

La lotta del popolo curdo passa anche dalla lingua

La lotta del popolo curdo passa anche dalla lingua

Geografie L'impegno di Firat Ceweri, che da più di quarant'anni scrive e lotta per affermare la letteratura di un popolo messo a tacere

Pubblicato 4 mesi faEdizione del 19 luglio 2024

Firat Ceweri scrive da quarantaquattro anni nella sua lingua madre vietata, censurata e limitata: la lingua curda. La sua determinazione ha ricevuto un riconoscimento importante quest’anno in Italia, perché è stato uno dei vincitori del Premio Ostana Scritture in Lingua Madre 2024.

Firat parte dalle terre fertili della Mesopotamia nel 1980, all’età di 21 anni, per vivere liberamente, e trova esilio in Svezia. «Ho iniziato a scrivere in curdo senza aver letto un libro in questa lingua. La mia visione politica mi ha spinto verso l’attivismo linguistico contro l’ideologia totalitaria». Dopo la fondazione della Repubblica di Turchia nel 1928, viene abbandonato l’alfabeto arabo per quello latino, segnando una rottura con la lingua curda. Viene vietato l’uso delle lettere X, W, Q, Î, Û, Ê, fondamentali per il curdo, con condanne per i trasgressori.

QUESTA DECISIONE stronca la nascita della letteratura moderna curda e impedisce l’insegnamento della lingua, ignorata come se non esistesse, e di conseguenza, le persone che la parlano. «Quando ho iniziato a scrivere in curdo, c’erano due o tre libri scritti in questa lingua. Ovviamente, non c’era la possibilità di studiarla e nemmeno di impararla bene. Nonostante ciò, ho voluto provarci. Mia madre è stata la mia complice perché mi ha insegnato la sua lingua proibita» spiega così Ceweri l’inizio della sua lunga carriera. I controlli della polizia, la repressione della gendarmeria alla caccia delle scritte in curdo e l’arrivo del colpo di stato del 1980 spingono lo scrittore a lasciare la Turchia. «Avevo conosciuto il grande giornalista e scrittore Musa Anter (assassinato nel 1992 dai paramilitari) in un’occasione politica e mi consigliò di andare in Svezia, dove secondo lui sarei potuto diventare uno scrittore» racconta così Ceweri la motivazione della sua scelta.

«All’epoca scrivevo principalmente poesie, ma in partenza c’era il rischio che, in un eventuale controllo, la polizia avrebbe trovato i manoscritti. Quindi ho imparato a memoria tutte le mie poesie e ho tenuto nelle mie mutande una lista con i loro titoli e sono partito così». Appena arriva in Svezia, lo scrittore trova una macchina per scrivere per mettere su carta ciò che aveva in mente. Così nasce nel 1981 il primo libro e un anno dopo il suo secondo libro, entrambi scritti interamente in curdo. «Ho migliorato il mio curdo in esilio e ho iniziato a scrivere racconti e romanzi. Ormai ero uno scrittore, ma il mio lavoro non era finito».

Firat Ceweri parte per Damasco nel 1986 per raccogliere i cinquantasette numeri della rivista letteraria curda Hawar. «I curdofoni hanno dovuto usare tre alfabeti: cirillico, arabo e latino, il che non ha aiutato a unire i popoli sparsi in cinque paesi e a creare una letteratura curda globale. Inoltre, divieti e tre dialetti diversi sono stati determinanti». La rivista Hawar, pubblicata negli anni ‘30 e ‘40 in Siria, era fondamentale per la diffusione della letteratura classica curda, e Ceweri voleva fare un ulteriore passo. «Al rientro in Svezia, ho pubblicato i cinquantasette numeri in due volumi e ho creato la rivista Nûdem nel 1992, per fondare la letteratura moderna curda a livello mondiale». La rivista Nûdem unisce centinaia di scrittori curdi nel mondo, pubblica traduzioni di oltre cento opere in curdo e incentiva le donne a scrivere. Poco dopo nasce la casa editrice Nûdem, che continua la stessa missione.

OGGI Firat Ceweri vive ancora in Svezia e conta più di 40 pubblicazioni tra i libri personali, tutti scritti in curdo, e quelli che ha tradotto tra lo svedese e il curdo. Ha ricevuto diversi riconoscimenti in Svezia e nel Kurdistan iracheno per l’impegno che ha dato alla letteratura. «La nuova gioventù curdofona resiste per difendere la sua lingua e la studia, ancora bandita e esclusa dalle scuole in Turchia. I riconoscimenti internazionali che noi scrittori curdi riceviamo penso che possano incoraggiare questi giovani a scrivere e rafforzare la loro lotta».

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