La Leopolda in grisaglia
Potere Sul palco la squadra del governo al completo, i figuranti delle prime edizioni a fare da corona a un appuntamento fatto anche di metal detector, scorte e servizi d'ordine occhiuti e onnipresenti. Fuori, tenuti a distanza dalla polizia in assetto antisommossa, lontani alla vista, ci sono quelli che qualcosa non torna: “Scuola, jobs act e privatizzazioni, queste riforme sono da cialtroni".
Potere Sul palco la squadra del governo al completo, i figuranti delle prime edizioni a fare da corona a un appuntamento fatto anche di metal detector, scorte e servizi d'ordine occhiuti e onnipresenti. Fuori, tenuti a distanza dalla polizia in assetto antisommossa, lontani alla vista, ci sono quelli che qualcosa non torna: “Scuola, jobs act e privatizzazioni, queste riforme sono da cialtroni".
“Mi pare ovvio che non sia un appuntamento del Pd”. Ha ragione Graziano Delrio, la Leopolda è un format, e tale resta anche quando i protagonisti sono i ministri Franceschini Poletti Madia, Giannini Pinotti Gentiloni, De Vincenti Boschi e Padoan, più lo stesso Delrio e naturalmente il padrone di casa. La squadra del governo. Gli incazzosi, ruspanti e un po’ naif figuranti delle prime edizioni sono in second’ordine, e fanno da contorno ad un appuntamento dove gli alberi di natale decorati con i memorabilia 2010-14 non riescono a nascondere una realtà fatta di metal detector, scorte e servizi d’ordine occhiuti e onnipresenti. Con discrezione, comunque.
Fuori, tenuti a distanza dalle forze dell’ordine in assetto antisommossa, lontani alla vista dei leopoldati che entrano ed escono, ci sono quelli che qualcosa non torna. “Scuola, jobs act e privatizzazioni, queste riforme sono da cialtroni”, c’è scritto su uno striscione portato da un migliaio fra studenti dei collettivi, lavoratori Cobas di un’Ataf privatizzata ma scricchiolante, comitati contro l’aeroporto intercontinentale e il maxi inceneritore di Case Passerini, Movimento per la casa, Rifondazione, e un pezzo di Sel che da queste parti ha assaggiato il renzismo appena munto. Dai Ds dell’epoca.
Dentro, a conferma, sale sul palco Franco Bassanini. Cinque volte parlamentare, due volte ministro, ex presidente della Cassa depositi e prestiti, il 75enne Bassanini sancisce il principio che la rottamazione è stata una magnifica idea per scalare il potere. Degli altri. “Renzi è l’incarnazione di un’Italia che ha recuperato nuova credibilità e autorevolezza – vola alto l’oratore – un volto e un’immagine nuova perché il governo ha fatto le riforme, prima fra tutte il jobs act. E nell’ultimo anno dei sette alla guida della Cassa ho firmato accordi di investimenti stranieri per 6 miliardi. Una cifra che non arriva neppure a metà se si sommano i sei anni precedenti”. Di crisi nera, ma questo per Bassanini è un dettaglio.
A seguire ecco le contorsioni di Giuliano Poletti. Intervistato da una delegazione “selezionata” di under 40, il ministro del lavoro azzarda parecchio: “Questo paese deve tornare a innamorarsi delle sue imprese. Continuo a sentirmi dire che puntiamo troppo sulle imprese. E su chi cavolo dobbiamo puntare se non sulle imprese? Non è che se una cosa aiuta l’impresa fa del male ai lavoratori”. Intanto le imprese vere, da Ansaldo Breda alle Acciaierie di Piombino, da Telecom Italia alla Fiat e tanto altro ancora, sono volate oltre le Alpi.
Ma niente paura: “Da gennaio partirà il programma ‘self employment’ – annuncia felice il ministro Poletti – da 5mila a 50mila euro senza interessi per 7 anni, ma non a fondo perduto, a chi si vuole mettere in proprio”. E per gli under 40 c’è “Garanzia giovani”: “Un programma importantissimo, il primo nella storia d’Italia che dice ad un ragazzo che ha finito gli studi ‘se vuoi, vieni qui. Ragiona con noi, ti diamo una mano’. 900mila giovani italiani si sono registrati, e ne abbiamo 550mila che sono già stati chiamati per un colloquio”. Un colloquio.
Arriva la notizia che il nuovo think tank renziano, affidato a Giuliano da Empoli sul binario Milano-Bruxelles, si chiamerà “Volta”. “Ma tutti aspettano Maria Elena Boschi, difesa a spada tratta dalle basse insinuazioni sui problemi bancari di famiglia, da parte di quei giornalacci messi all’indice – le televisioni no – da una platea aizzata a tavolino. Ed eccola: “Ben tornata a casa…” la annunciano dal palco. Lei si intenerisce: “Vi voglio bene, è stata una grande fortuna essere cresciuta con voi”. Poi, con lo stesso incedere leggiadro, affonda il coltello: “Con l’italicum non c’è alcun pericolo per la nostra democrazia. E’ una legge che funziona bene perché dà la certezza del vincitore. Dà un premio di maggioranza certo e limitato, anche se sono sempre i cittadini a scegliere quale è la lista che vince. Se questo non succede al primo turno, c’è il ballottaggio”. Abbracci&baci: “Grazie a tutti voi, stiamo cambiando l’Italia. A domani, viva la Leopolda”. Dal suo punto di vista, non fa una grinza.
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