La legge dei bonus colpisce ancora: poveri e precari esclusi dai 200 euro
Il caso Nel "Decreto aiuti" sono state escluse soprattutto categorie troppo povere o precarie per percepirlo. Una situazione assurda, rispetto alla platea ciclopica di 31 milioni di persone a cui è rivolto un bonus assolutamente inconsistente per affrontare il caro vita, ma che conferma un'idea di politica sociale neoliberale. Solo nella scuola gli esclusi sarebbero 150 mila
Il caso Nel "Decreto aiuti" sono state escluse soprattutto categorie troppo povere o precarie per percepirlo. Una situazione assurda, rispetto alla platea ciclopica di 31 milioni di persone a cui è rivolto un bonus assolutamente inconsistente per affrontare il caro vita, ma che conferma un'idea di politica sociale neoliberale. Solo nella scuola gli esclusi sarebbero 150 mila
Il bonus dei 200 euro previsto nel «Decreto Aiuti» a luglio non è solo una pioggerella nel deserto della crisi che avanza, ma esclude i più precari e i più poveri nel momento in cui sarebbe più necessario contare su tutele sociali incondizionate, strutturali e di base. È un’iniziativa ciclopica perché raggiungerebbe addirittura più di 31,5 milioni di persone (13 milioni 780 mila lavoratori dipendenti; 13 milioni 700 mila pensionati, 4 milioni le altre categorie tra luglio e ottobre). Ed è inconsistente a causa dell’importo occasionale (sono 200 euro una tantum, non tutti i mesi).
Domestici, co.co.co, intermittenti, autonomi privi di partita Iva, venditori a domicilio e altri. Da questa platea che ha un reddito imponibile inferiore ai 35 mila euro l’anno e percepisce una remunerazione nel mese di luglio, la mensilità prevista per il versamento, mancano i lavoratori precari, quelli agricoli, i lavoratori dello spettacolo con meno di cinquanta giornate lavorate nel 2021. I precari della scuola che nell’anno scolastico 21/22 hanno tenuto in piedi il sistema dell’istruzione e non hanno un contratto dal 30 giugno. Chi andrà in pensione dal primo luglio. Non riceveranno i 200 euro i disoccupati che hanno percepito la Naspi fino a maggio, i lavoratori con contratti che non prevedono contribuzione, cioè gli stagisti e i tirocinanti, i lavoratori delle Cooperative di tipo B che reinseriscono al lavoro le persone svantaggiate (disabili, minori in situazione di difficoltà familiare, detenuti ammessi alle misure alternative), i dottorandi e assegnisti di ricerca, i lavoratori socialmente utili, i lavoratori autonomi occasionali. Esclusi anche i lavoratori licenziati a giugno e senza contratto a luglio.
Scandalosa è la situazione nella scuola dove l’esclusione dei precari dal bonus 200 euro è un’ulteriore discriminazione per un gruppo eterogeneo che tiene in piedi questa istituzione. Per la Flc Cgil sarebbero 150 mila in questa situazione. «Tutto ciò – sostiene il sindacato – per un cavillo formale dovuto ad una formulazione assolutamente approssimativa ed errata della disposizione normativa che inspiegabilmente prevede che il bonus sia riconosciuto solo a chi percepisce lo stipendio nel mese di luglio o la Naspi nel mese di giugno. Senonché i supplenti con nomina al 30 giugno non percepiscono nel mese di luglio alcuna retribuzione – diversamente dal personale di ruolo e dai supplenti con nomina fino al 31 agosto- e pertanto risultano due volte penalizzati: senza stipendio e senza bonus».
«Sono state escluse soprattutto categorie che risultano essere troppo povere o precarie per percepirlo – sostengono Cgil, Cisl e Uil – Che l’eccessiva povertà precluda il diritto ad una indennità finalizzata ad affrontare il caro vita non è solo una gigantesca ingiustizia, ma una situazione assurda ed inconcepibile. Chiediamo – concludono i tre dirigenti sindacali – che il governo ponga rimedio a questa situazione».
Considerata la platea vastissima, sarebbe bastato aggiungere ai 6,3 miliardi di euro stanziati «meno dell’1% del contributo di solidarietà sugli extra profitti delle imprese dell’energia – ha sostenuto Stefano Fassina (LeU) -Il governo si è espresso contro una misura minimale di equità. Abbiamo ripresentato l’emendamento al Decreto Semplificazioni. Facciamo un appello che si estenda la norma in vigore: è inaccettabile che, in una fase così difficile, vi sia chi fa extra profitti miliardari e chi, pur lavorando, diventa sempre più povero».
Questa è la legge nella crisi che stiamo vivendo. Ed è la logica seguita dal governo nel “decreto Aiuti”, la stessa di tutte le politiche emergenziali, e non strutturali, che abbiano visto e denunciato negli ultimi due anni e mezzo di Covid. Nel 2020 il governo “Conte 2” avrebbe potuto, e dovuto, disporre una riforma strutturale della protezione sociale e di tutto lo Stato sociale in vista del prevedibile prolungarsi della crisi. Ha fatto il contrario. Allora pensavano davvero che la crisi sarebbe passata. Sì, come no. E invece hanno escluso altre categorie, penalizzate e poi raggiunte con altre misure poco più che simboliche. Senza contare i bonus monopattini e quelli per le terme.
Un altro degli scopi di questa politica è complicare la vita al punto da fare rinunciare chi ne ha diritto. È in questa condizione si trova chi non ha un lavoro dipendente o una pensione, per i quali si prevede un automatismo. Per gli stagionali con più di 50 giorni di lavoro e i collaboratori, ad esempio, serve fare una domanda. Quanti la faranno? Per i vituperati beneficiari del “reddito di cittadinanza” vale un’altra condizione: la rata del sussidio a luglio sarà maggiorata a condizione che un altro membro del nucleo familiare non abbia già beneficiato del bonus 200 euro in quanto appartenente a una delle altre categorie previste. È quello che accade in un paese con un Welfare familistico.
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