Il bonus dei 200 euro previsto nel «Decreto Aiuti» a luglio non è solo una pioggerella nel deserto della crisi che avanza, ma esclude i più precari e i più poveri nel momento in cui sarebbe più necessario contare su tutele sociali incondizionate, strutturali e di base. È un’iniziativa ciclopica perché raggiungerebbe addirittura più di 31,5 milioni di persone (13 milioni 780 mila lavoratori dipendenti; 13 milioni 700 mila pensionati, 4 milioni le altre categorie tra luglio e ottobre). Ed è inconsistente a causa dell’importo occasionale (sono 200 euro una tantum, non tutti i mesi).

Domestici, co.co.co, intermittenti, autonomi privi di partita Iva, venditori a domicilio e altri. Da questa platea che ha un reddito imponibile inferiore ai 35 mila euro l’anno e percepisce una remunerazione nel mese di luglio, la mensilità prevista per il versamento, mancano i lavoratori precari, quelli agricoli, i lavoratori dello spettacolo con meno di cinquanta giornate lavorate nel 2021. I precari della scuola che nell’anno scolastico 21/22 hanno tenuto in piedi il sistema dell’istruzione e non hanno un contratto dal 30 giugno. Chi andrà in pensione dal primo luglio. Non riceveranno i 200 euro i disoccupati che hanno percepito la Naspi fino a maggio, i lavoratori con contratti che non prevedono contribuzione, cioè gli stagisti e i tirocinanti, i lavoratori delle Cooperative di tipo B che reinseriscono al lavoro le persone svantaggiate (disabili, minori in situazione di difficoltà familiare, detenuti ammessi alle misure alternative), i dottorandi e assegnisti di ricerca, i lavoratori socialmente utili, i lavoratori autonomi occasionali. Esclusi anche i lavoratori licenziati a giugno e senza contratto a luglio.

Scandalosa è la situazione nella scuola dove l’esclusione dei precari dal bonus 200 euro è un’ulteriore discriminazione per un gruppo eterogeneo che tiene in piedi questa istituzione. Per la Flc Cgil sarebbero 150 mila in questa situazione. «Tutto ciò – sostiene il sindacato – per un cavillo formale dovuto ad una formulazione assolutamente approssimativa ed errata della disposizione normativa che inspiegabilmente prevede che il bonus sia riconosciuto solo a chi percepisce lo stipendio nel mese di luglio o la Naspi nel mese di giugno. Senonché i supplenti con nomina al 30 giugno non percepiscono nel mese di luglio alcuna retribuzione – diversamente dal personale di ruolo e dai supplenti con nomina fino al 31 agosto- e pertanto risultano due volte penalizzati: senza stipendio e senza bonus».

«Sono state escluse soprattutto categorie che risultano essere troppo povere o precarie per percepirlo – sostengono Cgil, Cisl e Uil – Che l’eccessiva povertà precluda il diritto ad una indennità finalizzata ad affrontare il caro vita non è solo una gigantesca ingiustizia, ma una situazione assurda ed inconcepibile. Chiediamo – concludono i tre dirigenti sindacali – che il governo ponga rimedio a questa situazione».
Considerata la platea vastissima, sarebbe bastato aggiungere ai 6,3 miliardi di euro stanziati «meno dell’1% del contributo di solidarietà sugli extra profitti delle imprese dell’energia – ha sostenuto Stefano Fassina (LeU) -Il governo si è espresso contro una misura minimale di equità. Abbiamo ripresentato l’emendamento al Decreto Semplificazioni. Facciamo un appello che si estenda la norma in vigore: è inaccettabile che, in una fase così difficile, vi sia chi fa extra profitti miliardari e chi, pur lavorando, diventa sempre più povero».

Questa è la legge nella crisi che stiamo vivendo. Ed è la logica seguita dal governo nel “decreto Aiuti”, la stessa di tutte le politiche emergenziali, e non strutturali, che abbiano visto e denunciato negli ultimi due anni e mezzo di Covid. Nel 2020 il governo “Conte 2” avrebbe potuto, e dovuto, disporre una riforma strutturale della protezione sociale e di tutto lo Stato sociale in vista del prevedibile prolungarsi della crisi. Ha fatto il contrario. Allora pensavano davvero che la crisi sarebbe passata. Sì, come no. E invece hanno escluso altre categorie, penalizzate e poi raggiunte con altre misure poco più che simboliche. Senza contare i bonus monopattini e quelli per le terme.

Un altro degli scopi di questa politica è complicare la vita al punto da fare rinunciare chi ne ha diritto. È in questa condizione si trova chi non ha un lavoro dipendente o una pensione, per i quali si prevede un automatismo. Per gli stagionali con più di 50 giorni di lavoro e i collaboratori, ad esempio, serve fare una domanda. Quanti la faranno? Per i vituperati beneficiari del “reddito di cittadinanza” vale un’altra condizione: la rata del sussidio a luglio sarà maggiorata a condizione che un altro membro del nucleo familiare non abbia già beneficiato del bonus 200 euro in quanto appartenente a una delle altre categorie previste. È quello che accade in un paese con un Welfare familistico.