«Voglio solo dormire per un’ora senza essere terrorizzato». Ce lo dicono in molti quando arrivano negli ospedali o cliniche dove opera Medici Senza Frontiere. Quei molti che vivono tra le macerie delle loro case. Trascinati da nord a sud, poi ancora da sud a nord, da un campo profughi all’altro. Nessun luogo è sicuro dopo gli implacabili attacchi mirati nella zona umanitaria. Le temperature toccano i 40 gradi, non c’è acqua da bere. Le scuole dell’Unrwa diventano nuovi villaggi. Giochi per i bambini, piccole realtà di cucine improvvisate, adulti in fila con qualche shekel in mano per caricare i telefoni...