Un pensiero irregolare, meglio tentacolare quello che propone Donna Haraway nel suo attraversamento critico della filosofia contemporanea alla ricerca e svelamento di quella «natura sociale» esito ultimo della storia umana che una pessima saggistica ha qualificato come era dell’antropocene. IL PERCORSO della studiosa femminista è stato anche accidentato dopo che la sua teoria sul cyborg era stata rapidamente consegnata agli archivi perché consapevole che quell’ibrido tra macchina e organico non era scandito da relais, microprocessori, ma da manipolazioni genetiche, di dna ricombinato, di chimica iniettata in un vivente per modificarlo irreversibilmente, strappandolo alla sua presunta naturalità. Ne era nato un...