No decisamente questo volta le note tragiche del Fado sono decisamente distanti, anzi il clima che si è respirato in questi ultimi giorni è quello del riscatto. Questo sotto moltissimi punti di vista e il calcio è solo una catarsi che, almeno per qualche ora, aiuterà a dimenticare un passato, quello degli anni della Troika, umiliante e doloroso.
Fin dalle prime ore della mattinata della domenica il clima, come è facile immaginare, è quello delle grandi occasioni. La giornata, nonostante la brezza fresca che spira dall’oceano, è molto calda e chi non ha molti soldi per passare il fine settimana in Algarve deve accontentarsi delle spiagge della costa da Caparica, a sud della città. Sono distese immense di sabbia che normalmente restano affollate fino a sera. Eppure, nel giorno della finale, già alle quattro del pomeriggio, è ora di rientrare. Il Ponte 25 aprile, che collega il nord con il sud del Paese, è intasato da una lunga colonna di macchine. Destinazione i mega schermi disseminati per tutta la città. Sì, perché la partita è un fatto collettivo e la si deve guardare tutti insieme.

Il cortile della Voz do Operario, associazione mutualista nata sul finire dell’Ottocento sull’ondata dei primi passi del movimento operaio, nel quartiere popolare di Graça, è pieno all’inverosimile. Fiumi di birre, bifanas (panino con la fettina di carne di maiale), chouriço assado, lupini e migliaia di sciarpe e bandiere. Si balla e si beve già dalle sei, perché arrivare tardi significa non trovare posto.

E finalmente sono le otto, inizia la partita, suona l’inno nazionale A Portuguesa tutti in piedi a cantare. Già, perché i simboli nazionali qui nel piccolo Paese iberico contano molto, anche a sinistra.

La partita in realtà comincia molto male, un fallo molto duro di Payet mette ko Cristiano Ronaldo, che pure prova a resistere, rientra, ma non riesce, dev’essere sostituito. La Seleção deve rinunciare al suo giocatore migliore lì a Parigi nello Stade de France. Nel giro di pochissimi minuti tutto dev’essere ridisegnato, il 10 più 1, senza CR7, diventa un effettivo 11. Il sofrimento, durante i 109 minuti che portano al primo gol, è infinito. La porta dei rosso-verdi sembra stregata e dove non arrivano le mani dell’estremo difensore Rui Patricio, uno dei grandi eroi della serata, ci pensa il palo ad aiutare i lusitani.

Dicevamo la partita del riscatto. Intanto quello di Eder, il giocatore guinenense naturalizzato portoghese che, entrando in campo verso la fine dei tempi regolamentari, segna il gol partita. Ma non solo, perché la vittoria nella finale di domenica sera serve anche a lavare l’onta, mai digerita, della finale agli europei organizzati proprio in Portogallo nel 2004 e persa beffardamente contro la Grecia. Ancora riscatto, come quello di Ricardo Quaresma, un passato all’Inter, un «giocatore che è l’orgoglio di tutta la sua etnia», esclama António Santos, dirigente della comunità cigana. Ma c’è anche Renato Saches, portoghese di origine africana: i genitori sono rispettivamente di Capo Verde e São Tomé e Principe.

È al minuto 109 che dalla Voz do Operario, ma anche dalla Praça do Comercio, dall’Alameda e da tutto il Paese esplode un grido di gioia. Occorre resistere, ancora 12 minuti. Poi è solo festa, a Lisbona i caroselli durano tutta la notte e poi ci si sveglia presto per andare ad accogliere la squadra di rientro da Parigi. Dall’aeroporto a Belém, dove la squadra sarà ricevuta dal presidente della Republica, Marcelo Rebelo de Sousa, dal primo ministro António Costa e da tutti i leader politici. Sul percorso fiumi di persone, ancora traffico bloccato, il suono dei clacson che continua a fare da colonna sonora in tutte le esquinas della città!

Questa è stata la finale del riscatto. Non va dimenticato infatti come la Francia sia un Paese di grandissima immigrazione portoghese. I lusodiscendenti, nei loro caffè arredati in stile rigorosamente originale, hanno mostrato un attaccamento alla propria nazionale fortissimo, così come forte è stato anche il sostegno che è arrivato da quelle che un tempo erano le colonie e che di quel passato hanno conservato la lingua e un certo senso di appartenenza al mondo lusofono. Già, non sempre è facile trasmettere senza cadere nelle banalità della retorica quanto succede in questo legame contraddittorio e complesso che unisce l’antica Metropoli con le sue ex provincie d’oltremare. Questo, nonostante la guerra di liberazione delle colonie sia stata ferocissima e combattuta senza esclusione di colpi dalla dittatura salazarista. Forse il simbolo più eloquente di tutto è rappresentato dal mito del giocatore mozambicano Eusebio che ha saputo spingersi oltre ogni confine.

Così, quella che dovrebbe essere solo una partita di calcio diventa un momento in cui sono in molti a recuperare l’orgoglio perduto. Innanzitutto il Portogallo, che mostra al mondo – dopo il collasso del 2011, quando fu costretto a chiedere l’”aiuto” di Fmi, Bce e Ue per evitare il default – di avere recuperato la propria vitalità. Forse il riscatto dei piccoli sarà durato solo una notte, forse oggi sarà ancora un giorno di brutte notizie, ma forse no e poi che importa il passato e cosa importano le sanzioni che potrebbero arrivare da Bruxelles, per il momento si festeggia dal gradino più alto di quell’Europa che in questi anni si è mostrata molto poco generosa.