Cultura

La fascinazione per Nerone e un teatro che farà discutere

La fascinazione per Nerone e un teatro che farà discutereParete della cavea affrescata / foto di Fabio Caricchia

Archeologia Gli scavi, avviati nel 2020, condotti sul terreno da Marzia Di Mento, si sono svolti in un’area corrispondente in antico agli «Horti» di Agrippina Maggiore

Pubblicato più di un anno faEdizione del 28 luglio 2023

Nerone, l’imperatore citaredo del quale gli spettatori – come tramanda Svetonio – reclamavano la «voce celeste», è tornato sotto le luci della ribalta. Martedì scorso, la Soprintendenza Speciale di Roma-Archeologia, Belle Arti e Paesaggio ha infatti annunciato di aver scoperto il teatro, noto dalle fonti antiche, dove il quinto imperatore di Roma (54-68 d.C.) si esercitava nelle sue esibizioni canore e poetiche. I resti dell’edificio identificabile con il Teatro di Nerone sono riemersi durante un’indagine archeologica programmata dalla Soprintendenza nel cortile interno di Palazzo della Rovere, sede dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme.
Gli scavi, avviati nel 2020 con la direzione scientifica dei funzionari Renato Sebastiani e poi Alessio De Cristofaro ma condotti sul terreno dall’archeologa Marzia Di Mento, si sono svolti in un’area corrispondente in antico agli Horti di Agrippina Maggiore.

QUI, nella tenuta della famiglia giulio-claudia – che si estendeva nella piana del Vaticano, tra il Tevere, le pendici del colle di Santo Spirito e la Basilica di San Pietro, e dove Caligola aveva costruito un grande circo per le corse dei cavalli –, gli archeologi hanno messo in evidenza due costruzioni databili, attraverso i bolli laterizi, all’età giulia-claudia e dunque riconducibili al leggendario teatro neroniano. Gli studiosi ritengono altamente probabile che uno degli edifici, a pianta semicircolare, con muri radiali e un sistema di accessi e di scale, coincida con la cavea del teatro, su cui si impiantavano le gradinate per il pubblico e, a ovest, il frontescena (scaenae frons). Tale ipotesi è rafforzata dal rinvenimento di un ricchissimo apparato decorativo (forse di ordine ionico), con elementi architettonici e rivestimenti in sontuosi marmi bianchi e anche policromi. Stucchi ricoperti di foglia d’oro, una tipologia che si riscontra nella Domus Aurea, la magnificente dimora neroniana sul colle Oppio, dovevano impreziosire sia l’interno che il prospetto della struttura.
Un secondo edificio, perpendicolare al primo, è costituito da una serie di ambienti di servizio, presumibilmente funzionali alla custodia di materiali e attrezzature per gli spettacoli quali scenografie e costumi. L’intero complesso, affacciato su una grande corte scoperta e forse circondato da un portico, fu oggetto già dai primi decenni del II secolo d.C. di un processo di smontaggio per il recupero di materiali lapidei. A dimostrarlo, un «deposito» di cinque colonne in marmi pregiati.

L’INTERESSE della scoperta – com’era prevedibile di forte impatto mediatico vista la fama, nefasta eppure affascinante, dell’imperatore passato alla storia come incendiario e matricida –, risiede inoltre in un nucleo di testimonianze di epoca medievale (X – XV secolo). Tracce di attività produttive e manifatturiere risalenti al X secolo lasciano supporre la collocazione, proprio in quest’area, della Schola Saxonum – una delle più antiche scholae peregrinorum che, in rappresentanza delle principali nazioni cristiane dell’Europa settentrionale, sorgevano attorno alla basilica di San Pietro –, destinata ad accogliere i pellegrini in visita alla tomba del primo apostolo. A questa fase appartengono infatti reperti quali insegne dei pellegrini, matrici di rosari, ossi lavorati e rarissimi calici vitrei a colonnette da interpretarsi come arredi liturgici. Un’archeologia «a tutto campo», che si fa spazio all’ombra dei monumenti più celebri del caput mundi e che non mancherà di far discutere gli specialisti.

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