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La destra di Mitsotakis stravince in Grecia: «Cambieremo la Carta»

La destra di Mitsotakis stravince in Grecia: «Cambieremo la Carta»Kyriakos Mitsotakis esulta dopo il risultato elettorale – Ap

Elezioni elleniche Sfiorata la maggioranza assoluta, il premier uscente rinuncia al mandato per formare il governo. Syriza crolla. Si rivota il 25 giugno. Nea Dimokratia punta a ottenere 180 seggi su 300

Pubblicato più di un anno faEdizione del 23 maggio 2023
Giansandro MerliINVIATO AD ATENE

Il leader di Nea Dimokratia (Nd) Kyriakos Mitsotakis ha rimesso il mandato esplorativo per la formazione del governo e annunciato che il 25 giugno si tornerà al voto. Come previsto, il partito del governo uscente punta sul secondo round per ottenere un esecutivo monocolore. Dopo la schiacciante vittoria di domenica, però, la destra ellenica alza già il tiro. Lo fa per bocca di Adonis Georgiadis – vicepresidente di Nd ed ex ministro proveniente dalla formazione estremista di Laos – che ieri ha dichiarato: «Il nostro obiettivo è cambiare la Costituzione». Servono 180 seggi su 300.

UN OBIETTIVO RAGGIUNGIBILE grazie alla nuova legge elettorale che nelle prossime elezioni assegnerà un ricco premio di maggioranza al vincitore. Un obiettivo alla portata di Nd che parte da un exploit con pochi precedenti: domenica ha ottenuto il 41% delle preferenze (146 seggi), doppiando Syriza (71 seggi). Tutti i sondaggi davano la destra avanti, ma con uno scarto intorno al 7%. La mappa elettorale della Grecia è un’uniforme distesa di blu: il colore di Nd prevale in 58 circoscrizioni su 59. Cadono storiche roccaforti della sinistra, come Creta o Patrasso dove nel 2019 Syriza aveva vinto nonostante la sconfitta nazionale. Unica eccezione è il distretto di Rodopi: qui Tsipras si colloca in prima posizione grazie al voto della minoranza musulmana. Nd ottiene dal 34% al 46% ad Atene e dal 34% al 40% a Salonicco. Vola nelle regioni di confine con la Turchia: 43% a Evros, dove ha costruito il muro anti-migranti, 50% nelle isole del Dodecanneso. In numeri assoluti Mitsotakis porta a casa due milioni e 359mila voti, oltre centomila in più delle ultime politiche.

PER TROVARE un primo ministro uscente che migliora i suoi risultati il nastro va riavvolto fino al 2000, quando Kostas Simidis del Pasok ottenne tre milioni di voti, 200mila in più del 1996. Per uno scarto percentuale così ampio tra primo e secondo partito, invece, bisogna tornare addirittura al 1974: nelle prime elezioni democratiche dopo la dittatura dei colonnelli Kostantinos Karamanlis di Nd arrivò al 54% contro il 20% dell’Unione del centro democratico.

PER SYRIZA È UNA DISFATTA. Dalle politiche del 2019 lascia per strada oltre 600mila preferenze: da un milione e 780mila a un milione e 160mila (dal 31,5% al 20%). Quando andò al governo la prima volta, a gennaio 2015, aveva convinto il doppio degli elettori. Nel voto seguito alla sconfitta nei negoziati e alla firma del terzo memorandum, a settembre dello stesso anno, si era fermata poco sotto i due milioni di voti. Significa che Tsipras ha perso più all’opposizione che durante il governo portato avanti sotto il ricatto della Troika. La sterzata verso il centro evidentemente non ha convinto la classe media. Mentre sul voto più radicale pesa il trauma insormontabile della firma del memorandum pochi giorni dopo la straordinaria vittoria referendaria.

EPPURE LE ELEZIONI segnano una netta sconfitta anche per chi ha costruito la propria proposta politica a partire dalla fedeltà al referendum di otto anni fa: Yanis Varoufakis si ferma a un misero 2,6% e non supera lo sbarramento. L’ex ministro delle Finanze viene scavalcato perfino dalla strana formazione populista Navigando verso la libertà (2,88%), dal partito di destra Vittoria (2,92%) e dall’ultradestra di Soluzione greca che con il 4,46% entra in parlamento (in maniera formale visto che sarà sciolto).

L’ONDA DELLE PROTESTE che aveva fatto crescere la sinistra radicale sembra esaurita, almeno per ora. Normalizzate le piazze e distrutta ogni speranza di alternativa all’austerità, i greci hanno espresso una richiesta di stabilità. Un sentimento che fa il gioco della destra. Questa, però, potrebbe trovarsi davanti un contesto economico diverso da quello che le ha permesso di distribuire sussidi a destra e a manca, spesso attraverso oligarchi e società amiche. Le politiche espansive dell’Ue seguite alla pandemia volgono al termine e il ritorno a una rigida austerità è dietro l’angolo.

QUELLO DELL’ALTRO IERI, comunque, è un voto convinto. Lo mostrano l’affluenza leggermente più alta rispetto al 2019 (dal 58% al 60%) e il voto dei giovani. Questo era la principale speranza della sinistra che contava di andare forte tra i 438mila nuovi elettori. L’unico dato disponibile, un exit poll, indicherebbe una prevalenza di Nd perfino tra ragazze e ragazzi, anche se con una percentuale molto più bassa (31,5% contro 29%).

NELLE URNE non hanno pesato gli scandali del governo uscente: i respingimenti illegali nell’Egeo, l’attacco alla libertà di stampa, le intercettazioni dei leader dell’opposizione e il recente disastro ferroviario di Tempi, costato la vita a 57 persone. A Serres, dove si è candidato l’ex ministro dei Trasporti Kostas Karamanlis che dieci giorni prima della strage aveva negato problemi di sicurezza sui binari e per questo era poi stato costretto a dimettersi, Nd ottiene uno stacco record: 47% contro il 15% di Syriza. Karamanlis è il candidato più votato. Nel paesino dell’incidente il partito di Mitsotakis prende 4.310 voti, quello di Tsipras 1.706.

A SINISTRA SORRIDONO soltanto Pasok e Kke. Il primo arriva all’11,5% contro l’8% di quattro anni fa, 200mila voti in più. Il secondo passa dal 5% al 7%, +118mila preferenze. Ma non può che essere un sorriso amaro, entrambi saranno condannati all’irrilevanza parlamentare di fronte a una destra che si prepara ad avere i numeri per cambiare la Costituzione.

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