Economia

La Bce alza di nuovo i tassi: «Avanti così finché sarà necessario»

Christine Lagarde foto AnsaChristine Lagarde – foto Ansa

Economia Aumento di 25 punti base. L'obiettivo è la stabilità dei prezzi, non il benessere dei cittadini

Pubblicato più di un anno faEdizione del 28 luglio 2023

La Bce tira dritto. Nella riunione di ieri, e con voto unanime, ha deciso infatti un nuovo aumento dei tassi, in linea con le scelte fin qui seguite per combattere l’inflazione. Sale così di altri 25 punti base il tasso di riferimento, portandosi al 4,25%. E salgono, di conseguenza, il tasso sui depositi che le banche tengono in garanzia presso la banca centrale (3,75%) e quello sulla cosiddetta marginal lending facility (4,50%), la linea di finanziamento per gli istituti in difficoltà. Per il «tasso obiettivo», quello delle «operazioni di rifinanziamento principale», bisogna risalire al 2008 per avere un livello così elevato.

Il gioco, si fa per dire, è questo: alzare il tasso di riferimento per influenzare il tasso del mercato interbancario (il prezzo al quale le banche si prestano i soldi), che, a sua volta, costituisce, una sorta di paradigma per tutti gli altri tassi di interesse. Denaro più caro, meno credito, minori investimenti, meno consumi. Contrastare l’inflazione colpendo la domanda. In sintesi, la filosofia che sta dietro le scelte della Bce, che poi è la stessa delle principali banche centrali del pianeta. Come la Fed americana, che mercoledì ha deciso per un altro giro di vite sul costo del denaro, portando il tasso di riferimento al 5,50% (massimo da 22 anni).

Per il futuro, Eurotower non esclude nuovi rialzi: «I tassi di interesse – si legge nel comunicato – saranno fissati su livelli sufficientemente restrittivi finché necessario a conseguire un ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2% nel medio termine».

Il prezzo che si paga all’assoluta indipendenza della banca centrale. I governi, con l’eccezione della Germania, avevano «chiesto» una linea più morbida, consci dei danni che la stretta monetaria potrebbe arrecare all’economia, già sotto pressione per la particolare congiuntura internazionale (l’eurozona è entrata in recessione tecnica nel primo trimestre 2023). Ma sono rimasti inascoltati. «Si danneggiano imprese e famiglie», ha commentato a caldo il ministro degli esteri Tajani, guardandosi bene però dall’affondare il dito nella piaga.

Rischi per l’economia, ma anche per le banche. I recenti fallimenti bancari americani parlano chiaro. Tassi troppo alti determinano svalutazioni repentine delle obbligazioni che le banche hanno in pancia, sebbene nell’immediato siano proprio le banche a beneficiare di un più alto costo del denaro (i profitti delle banche sono cresciuti del 60,5% nel 2022).

Per i cittadini, invece, il gioco è tutto a perdere. Rate dei mutui che schizzano verso l’alto (si prevede un rincaro del 63% rispetto all’anno scorso), perdita del posto di lavoro se le imprese sono costrette a ridurre la produzione. Più disoccupati, meno reddito, meno spesa. Siamo sempre lì. E la Bce, nel suo comunicato, lo rivendica addirittura con soddisfazione: «Le condizioni di finanziamento si sono inasprite nuovamente e frenano in misura crescente la domanda, che rappresenta un fattore importante per riportare l’inflazione all’obiettivo». Incredibile. Ma l’obiettivo «principale» della banca centrale è la stabilità dei prezzi, mica il benessere dei cittadini. A quello dovrebbero pensare i governi, che però hanno perso ogni controllo sulla politica monetaria.

Che poi, l’inflazione di cui parliamo non ha niente a che vedere con l’eccesso di domanda. Adesso è soprattutto «inflazione da profitti». Significa che le aziende hanno alzato in media i prezzi delle merci «oltre quanto sarebbe giustificato da costi di input più elevati». Chi l’ha scritto? Proprio la Bce, lo scorso 30 marzo. Tu chiamala, se vuoi, schizofrenia.

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