Kurdistan iracheno al voto, la Turchia mobilita l’esercito
L'altro referendum Barzani resiste anche alle pressioni statunitensi. Smentita l'ipotesi di un rinvio, urne aperte il 25 settembre
L'altro referendum Barzani resiste anche alle pressioni statunitensi. Smentita l'ipotesi di un rinvio, urne aperte il 25 settembre
«Volete che la regione del Kurdistan e le zone curde fuori dalla regione diventino uno stato indipendente?». È la domanda che 5,6 milioni di curdi d’Iraq troveranno domani sulla scheda del referendum che dovrebbe sancire l’indipendenza da Baghdad dell’attuale regione autonoma composta dalle province di Erbil, Sulaymaniyah e Duhok. In sostanza però l’esito (scontato) della consultazione servirebbe a guadagnare forza contrattuale con il governo centrale. Il quale dissente ed è preoccupato dal riferimento alle zone «fuori dalla regione», che allude principalmente a Kirkuk.
La pressione internazionale (Usa in testa) non sembra aver distolto il governo di Erbil dal suo proposito e il presidente Massud Barzani ieri ha smentito l’ipotesi di un rinvio.
E la Turchia reagisce: come questo referendum rappresenti «una minaccia alla sicurezza nazionale» lo ha ribadito ieri il ministro della Difesa Nurettin Canikli, ma a margine dell’ok dato dal parlamento di Ankara alla proroga di un anno delle operazioni dell’esercito turco in Siria e in Iraq e all’invio di truppe pesantemente armate sulla linea di confine che separa la Turchia da entrambi i paesi. I carri armati alla frontiera con il Kurdistan iracheno sono letti come un messaggio diretto a Barzani, un tempo sostenuto e oggi aspramente redarguito da Erdogan.
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