La risposta di Israele a quello che il suo ministro degli esteri Israel Katz vede come «un premio al terrorismo», e cioè l’annuncio che martedì la Spagna riconoscerà lo stato palestinese, non si è fatta attendere.

In un duro messaggio in ebraico, inglese e spagnolo, Katz ha annunciato su X che ha «deciso di tagliare la connessione tra la rappresentazione diplomatica spagnola in Israele e i palestinesi, e di proibire al consolato spagnolo a Gerusalemme di prestare servizio ai palestinesi in Giudea e Samaria», e cioè il territorio che il resto del mondo chiama Cisgiordania.

A fare infuriare particolarmente Katz, oltre all’annuncio di Pedro Sánchez che martedì il Consiglio dei ministri darà il passo del riconoscimento che promette da tempo e che ha coordinato con la Norvegia e l’Irlanda, è stato un messaggio della vicepresidente del governo, Yolanda Díaz, leader di Sumar. Nel messaggio di circa due minuti, Díaz con tono impostato e un po’ artificiale, celebrava la decisione del governo, rivendicando il riconoscimento palestinese come una «questione di diritti umani e legalità internazionale», e come «atto d’umanità». Parla di «genocidio» e di premere sulla Ue per «rivedere la compravendita di armi» e ottenere il cessate il fuoco, per concludere con un «la Palestina sarà libera dal fiume al mare».

Quest’ultima frase è quella che ha fatto saltare i nervi a Katz e al governo di Netanyahu, che la interpreta come antisemita perché tra il fiume e il mare, oltre alla Cisgiordania e Gaza, c’è anche Israele. La frase è usata da anni dai nazionalisti palestinesi come slogan per la liberazione palestinese, e per l’uguaglianza dei diritti fra palestinesi e israeliani, ma non necessariamente come invito alla distruzione dello stato di Israele, come invece interpreta Tel Aviv e l’ambasciatrice israeliana a Madrid, Rodica Radian-Gordon.

Katz chiama Díaz «questa persona ignorante e piena di odio» e la invita «se vuole capire quello che realmente vuole l’islam radicale» a «imparare sui 700 anni di dominio islamico nell’Al Andalús, l’attuale Spagna».

Il consolato spagnolo di Gerusalemme è attualmente una specie di ambasciata di fatto per i palestinesi perché, oltre a offrire loro servizi consolari, si incarica di mantenere i rapporti diplomatici con l’Autorità nazionale palestinese e di coordinare i progetti di cooperazione spagnoli nei territori occupati. Ma chi esercita la giurisdizione sul territorio è Israele dopo l’occupazione del 1967, ed è il ministero guidato da Katz quello incaricato di concedere visti al personale diplomatico spagnolo.

Il ministro degli esteri José Manuel Albares ha già fatto sapere che, se la decisione annunciata sulle reti sociali si concretizza, Madrid protesterà formalmente con il governo israeliano per la decisione. Inoltre Albares e ha negato veementemente che fra gli esponenti del governo spagnolo ci siano antisemiti. Ha detto che è invece «un governo tollerante, plurale e diverso, che non accetta nessun discorso di odio, incluso l’antisemitismo».

All’indomani dell’annuncio dei capi di governo di Spagna, Norvegia e Irlanda, Israele aveva convocato adirato i loro rappresentanti diplomatici per esprimere loro la reprimenda dell’esecutivo israeliano e costringerli a guardare un video in cui si vedeva come i miliziani di Hamas il 7 ottobre scorso sequestravano e maltrattavano varie soldatesse di una base di Nahal Oz, vicino alla Striscia di Gaza.

Intanto le proteste organizzate nei campus spagnoli cominciano a dare frutti: alcune università, fra cui quelle di Barcellona, Granada, Sevilla, e Oviedo annunciano che, come chiedevano gli studenti, hanno interrotto qualsiasi collaborazione con le università israeliane.