È un fatto abbastanza singolare che la critica della teoria hegeliana dello Stato, che Marx elaborò nel 1843, sia stata uno dei testi che più hanno interessato i marxisti italiani. Si tratta infatti, è bene ricordarlo, di un lavoro incompiuto redatto da un giovane venticinquenne, nella forma di commento a una serie di paragrafi della Filosofia del diritto di Hegel. In questo giovanile lavoro di Marx, Galvano Della Volpe, che fu uno dei protagonisti del rinnovamento del marxismo italiano negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, volle vedere già il precoce affermarsi di quel metodo critico e materialistico che avrebbe caratterizzato tutta l’opera dell’autore del Manifesto.

PIÙ DI RECENTE, una significativa valorizzazione del lavoro del Marx venticinquenne è stata argomentata da Michele Prospero, che se ne è occupato ampiamente nel suo imponente saggio sulla Teoria politica di Marx (Edizioni Bordeaux, Roma 2021). Di contro, si pongono tutti coloro che considerano la critica del giovane Marx a Hegel una sostanziale ripetizione di ciò che negli stessi anni aveva sostenuto Ludwig Feuerbach, le cui opere fecero su Marx una impressione notevole.
Questa visione sostanzialmente svalutativa del lavoro giovane-marxiano, in quanto ancora prigioniero della prospettiva genericamente umanista propria di Feuerbach, è stata sostenuta soprattutto da Louis Althusser (il fautore della tesi della netta rottura tra il giovane Marx e quello del Capitale), il cui pensiero costituisce ancora oggi un riferimento ben presente nei dibattiti intorno a Marx e al marxismo.

UNA LETTURA ORIGINALE del testo marxiano, non priva di contatti con quella di Althusser, è stata sviluppata nella importante edizione commentata che Roberto Finelli e Francesco Saverio Trincia pubblicarono per la prima volta nel 1983, e che ora torna in libreria per le edizioni PGreco con l’aggiunta di una nuova prefazione e postfazione (Karl Marx, Critica del diritto statuale hegeliano, traduzione e commentario di Roberto Finelli e Francesco Saverio Trincia, pp. 718, euro 30). Nel testo di Marx si possono mettere in evidenza due aspetti principali, fortemente legati l’uno all’altro; da una parte il discorso di metodo che vede Marx contrapporsi a Hegel il quale pretenderebbe di derivare, idealisticamente, la realtà empirica dal concetto.

L’ALTRO ASPETTO è quello di contenuto, e riguarda il modo in cui si debba pensare il rapporto tra società e Stato: per Hegel lo Stato (anche se è l’ultima articolazione della sua filosofia sociale, che si occupa prima della famiglia, poi della società civile, e infine dell’apparato statale) è il fondamento che regge tutto l’insieme. Per Marx invece, che qui getta le basi del suo materialismo storico, il momento determinante è la società civile, il regno della produzione e dello scambio; ed è l’economia che condiziona e determina le forme politiche e statuali. Ma ciò che è interessante notare è che sia l’argomento di metodo che quello di contenuto si basano sulla stessa idea e cioè sulla tesi che Hegel rovescia i rapporti reali ovvero (per dirla con il linguaggio di Feuerbach e di Marx) trasforma il soggetto in predicato e il predicato in soggetto: contro Hegel, Feuerbach e Marx ribadiscono che il pensiero è un predicato dell’esperienza, che lo Stato è un predicato della società civile, e non viceversa.

Finelli e Trincia (anche utilizzando argomenti diversi, perché le loro posizioni non sono identificabili e si sono ulteriormente differenziate dal 1983 a oggi) ci invitano però a non prendere per oro colato queste tesi che il giovane Marx sviluppa sulla scorta di Feuerbach, e le sottopongono a una critica talvolta anche piuttosto feroce. Nella prospettiva di Trincia, la critica investe principalmente l’impianto filosofico del giovane Marx. La domanda che viene opportunamente posta la si potrebbe riassumere così: nella sua critica a Hegel, Marx va realmente oltre il massimo filosofo del suo tempo oppure torna al punto di vista di quello che Trincia definisce un «empirismo pre-kantiano», cioè a una visione che non può essere riproposta come tale dopo tutto il cammino che la filosofia tedesca ha compiuto tra Kant e Hegel?

NON MENO RADICALE è la critica di Finelli, che investe non solo il metodo ma anche il contenuto dei giovanili appunti marxiani. Per Finelli la critica della separazione tra società civile e Stato, che Marx delinea nelle sue pagine, approda infine alla prospettiva del superamento della scissione verso una ricomposta unità del popolo, pensato come comunità organica che va oltre le separazioni caratterizzanti la società moderna.
A differenza di Trincia, però, Finelli smonta l’apparato teorico del giovane Marx proprio al fine di valorizzare, per contrasto, la più complessa costruzione teorica alla quale Marx arriverà nel Capitale. E ci arriverà, anche questo è un punto caro a Finelli, proprio perché farà proprio, sia pure trasformandolo, il metodo hegeliano dello sviluppo necessario e dialettico del sapere (dalla merce, al denaro, al capitale, alle sue contraddizioni) cioè proprio quel metodo che negli scritti giovanili aveva un po’ ingenuamente rifiutato.