Palazzi moderni e strade ampie, Nukus è una cittadina dell’Uzbekistan, una repubblica centroasiatica indipendente dal 1991 che sta attraversando una fase di sviluppo dinamico. Ci si arriva in tre ore di auto da Khiva, oppure in novanta minuti di volo dalla capitale Tashkent, sorvolando un paesaggio brullo.

Nukus è il capoluogo del Karakalpakstan, una regione grande quanto metà dell’Italia che costituisce un terzo del territorio totale dell’Uzbekistan. Gli abitanti sono circa 1,8 milioni: un quarto è di etnia karakalpaki, mentre il resto è composto da uzbeki, kazaki e turkmeni. Gli abitanti della città di Nukus sono 312mila e per loro il clima rappresenta una sfida: gli inverni sono molto freddi, le estati torride con temperature che arrivano a 50 gradi. Qui, l’ambizione delle autorità è ricreare l’immagine di un’oasi fiorente nel deserto.

Situata a oltre duemila chilometri a sud-est di Mosca, Nukus è meta di tanti turisti appassionati d’arte perché qui ha sede un museo che raccoglie una splendida collezione di avanguardia russa, seconda per ampiezza e significato soltanto a quella del Museo Statale di San Pietroburgo. Per questo motivo il museo di Nukus è soprannominato «il Louvre del deserto». Raccontata nel volume I.V. Savitsky Karakalpakstan State Museum of Art appena dato alle stampe da Scala Arts & Heritage Publishers (disponibile in inglese e francese), la sua storia ha il sapore della fiaba ed è simbolo della resilienza dell’arte: qui il fondatore del museo Igor Savitsky (1915-1984) riuscì a preservare le opere di quegli artisti che lavorarono insieme ai loro contemporanei occidentali fino alla Rivoluzione d’ottobre, quando l’arte divenne estensione dello Stato.

Come fu possibile preservare quei dipinti non conformi alle direttive di Stalin? La città di Nukus era – ed è – una località sperduta: di controlli ce n’erano pochi, quando da Mosca arrivavano gli ispettori, Savitsky faceva sparire le opere più controverse, le contrassegnava con la targhetta «autore ignoto», oppure cambiava la didascalia. Accadde così, per esempio, con i disegni di Nadjezhda Borovaja esposti nel 1982: ritraggono il gulag in cui trascorse sette anni negli anni Trenta, ma il pieghevole del museo indicava altro. Se non ci fosse stato Savitsky, migliaia di opere dell’avanguardia russa e della cultura popolare dell’Asia Centrale sarebbero andate perdute.

Ed è a Nukus, nel capoluogo del Karakalpakstan, che venerdì 1° luglio migliaia di manifestanti sono scesi in piazza. Il corteo pacifico si è diretto verso la piazza nei pressi del bazar centrale della città dove alcuni dimostranti sono saliti sul tetto dell’auto del capo del parlamento locale e hanno cercato di parlare alla folla. Dopodiché, sono scoppiati i disordini. Secondo le autorità, «con il pretesto di protestare contro le proposte di emendamenti costituzionali da discutere con l’opinione pubblica, è stato messo in atto un tentativo di minacciare l’ordine pubblico, l’integrità territoriale e l’unità dell’Uzbekistan. Queste azioni illegali portano ovviamente i segni di un sabotaggio pianificato con anticipo, allo scopo di incitare il separatismo, destabilizzare e dividere un Paese pacifico, unito e democratico».

Sempre secondo le autorità uzbeke, le proteste di Nukus sarebbero state pianificate «da forze esterne» e la popolazione «non avrebbe alcun motivo per protestare, soprattutto alla luce dei notevoli investimenti degli ultimi anni in diversi settori economici».

Sabato 2 luglio, il presidente della repubblica Shavkat Mirziyoyev si è subito recato a Nukus e ha promesso di stralciare gli emendamenti costituzionali che avrebbero privato la regione di ogni forma di auto-governo. Il giorno successivo, il capo di Stato è nuovamente andato in Karakalpakstan per incontrare i rappresentanti della popolazione locale. Non è la prima volta che il presidente si mette in viaggio per questa regione remota, penalizzata dal prosciugamento del lago di Aral, ma al tempo stesso con risorse naturali importanti e per questo degna di attenzione, tant’è che qualche anno fa Mirziyoyev vi aveva inviato in missione tutti i suoi ambasciatori. Da quel momento, nella regione erano stati avviati numerosi investimenti industriali e progetti commerciali, nonché iniziative culturali e in ambito sanitario che hanno coinvolto Paesi stranieri, tra cui l’Italia.

Le proteste di inizio luglio hanno causato la morte di 18 tra civili e forze dell’ordine e sono oltre 500 le persone arrestate, in gran parte rilasciate. Fino al 2 agosto sarà in vigore lo stato di emergenza, con il coprifuoco tra le nove di sera e le sette del mattino. Intanto, la situazione sembra gradualmente tornare alla normalità. Le autorità stanno procedendo con le indagini. Il procuratore generale sta verificando le responsabilità delle forze dell’ordine e, nel caso in cui si riscontri un uso illecito della forza, le autorità garantiscono che «gli agenti saranno ritenuti colpevoli di reato come previsto dalle leggi in vigore in Uzbekistan». I risultati dell’indagine, assicurano le autorità, saranno comunicati alle organizzazioni internazionali, e quindi anche all’Osce (l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa).

In Uzbekistan i turisti italiani vanno e vengono, senza bisogno di visto e – in questa fase calante della pandemia – senza necessità di vaccino e di test anti-Covid19. I cambiamenti sono evidenti rispetto all’epoca del presidente Islom Karimov, morto nel settembre 2016. Con il suo successore Mirziyoyev, i rapporti con le altre repubbliche centroasiatiche sono migliorati e l’Uzbekistan ha intrapreso un graduale percorso verso la democrazia. I cittadini sono andati alle urne per eleggere il parlamento e lo scorso 24 ottobre Shavkat Mirziyoyev è stato confermato alla presidenza con oltre l’80 percento dei voti. Tra le iniziative intraprese vi sono la prevenzione del lavoro minorile, la protezione dei diritti delle persone con disabilità e degli anziani, l’inclusione nella Costituzione di disposizioni ambientali speciali, nonché di norme giuridiche legate al cambiamento climatico globale, il miglioramento delle infrastrutture scolastiche, degli asili nido, dell’istruzione superiore e le istituzioni scientifiche e culturali.

Tra le norme che saranno incluse nella nuova Costituzione vi sono una disposizione sulla proibizione della pena di morte in Uzbekistan, il diritto alla libertà di movimento, soggiorno o scelta della residenza in tutto il Paese (viene così abolito il cosiddetto principio «propiska»), il diritto di partire e tornare liberamente nel Paese, l’inviolabilità e la garanzia della privacy, il diritto all’alloggio e la sua inviolabilità, le garanzie costituzionali per la tutela della proprietà privata, la rimozione delle barriere e degli ostacoli allo sviluppo dell’imprenditorialità, la creazione delle condizioni per la libera circolazione di beni, servizi, lavoro e risorse finanziarie nel Paese, lo sviluppo del commercio interno e internazionale; la tutela dei diritti umani al lavoro, condizioni di lavoro favorevoli e salari dignitosi, il divieto di licenziare e ridurre il salario delle donne in relazione alla gravidanza o alla nascita di un figlio, il sostegno e protezione sociale ai connazionali che studiano all’estero.