Jaimie Branch, la tromba per volare alto
Jaimie Branch
Visioni

Jaimie Branch, la tromba per volare alto

Lutti La musicista statunitense è morta a soli 39 anni, il suo percorso originale dal punk al jazz
Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 25 agosto 2022

Riferendo del festival Jazz em Agosto di Lisbona, dove aveva suonato anche con la Exploding Star Orchestra di Rob Mazurek, due settimane fa avevamo scritto che il suo duo con Jason Nazary in autunno avremmo potuto riascoltarlo in Italia. Non sarà così, perché purtroppo Jaimie Branch è morta improvvisamente lunedì, a soli 39 anni, nella sua casa di Brooklyn. Trombettista, compositrice, bandleader e vocalist, Jaimie Branch si era affermata nel nuovo millennio come una delle figure chiave quanto alle novità che le ultime generazioni stanno portando nel jazz di ricerca d’oltre Atlantico.

IL SUO ORIGINALE temperamento artistico era maturato da un lato attraverso una vicenda individuale non priva di problemi, dall’altro nel contatto con uno spettro di sollecitazioni musicali molto ampio, ed era sostenuto da una padronanza dello strumento tecnicamente ferrata. Nata a New York, a nove anni Jaimie Branch arriva con la famiglia a Chicago; da adolescente le sue passioni sono il punk e i Nirvana, ma lo studio della tromba, iniziato a scuola, la spinge ad ascoltare Miles Davis. Finite le superiori si iscrive al New England Conservatory di Boston, ed è lì che scopre la tradizione di jazz d’avanguardia di Chicago: dove, una volta diplomata a Boston, torna a stabilirsi, inserendosi nella scena dell’improvvisazione, in cui sente vibrare uno spirito analogo a quello che aveva trovato nel punk. Ma a Chicago scopre anche la free music europea, studiando con il trombettista tedesco Axel Dörner, una delle sue maggiori influenze assieme a Davis e a Don Cherry. Poi, dopo un paio d’anni a Baltimora, nel 2015 sceglie di trasferirsi a New York, diventando rapidamente, come già a Chicago, un personaggio nodale in una rete di rapporti che comprende tanto nuovi talenti quanto veterani come William Parker.

A MOSTRARNE le doti come leader è stato, nel 2017, il quartetto Fly or Die, con tre musicisti chicagoani: la violoncellista Tomeka Reid, figura di spicco della giovane generazione della Windy City, il contrabbassista Jason Ajemian e Chad Taylor, uno dei più straordinari batteristi del jazz contemporaneo. Il successo di Fly or Die le aveva consentito, alla metà del 2018, di smettere di lavorare dietro il banco di un caffè, e nei mesi successivi di effettuare un nutrito tour europeo, che aveva toccato anche l’Italia: dal vivo la forte personalità della trombettista si imponeva immediatamente, in una musica attuale e aperta, non convenzionale e avvincente, piena di situazioni. Era poi tornata in Europa e in Italia con Fly or Die, ma anche, nell’autunno del 2019, figurando brillantemente nell’eccellente An UnRuly Manifesto, gruppo del sassofonista James Brandon Lewis con cui ha partecipato all’incisione dell’album omonimo. Nel maggio scorso aveva suonato ad Area Sismica di Forlì con Anteloper, il duo con Jason Nazary con cui appunto sarebbe dovuta tornare a breve. Gli album di Fly or Die e di Anteloper sono pubblicati dalla International Anthem, etichetta di riferimento per tutta un’area di nuovi sviluppi dell’avanguardia. Ma la discografia di Jaimie Branch conta molte altre collaborazioni. Negli ultimi anni la sua attività dal vivo è stata intensissima. Sui palchi di Jazz em Agosto Jaimie Branch appariva felice. Il suo look e il suo atteggiamento fuori dagli schemi faceva come sempre grande simpatia. Anche per questo ci mancherà.
In un’intervista, a proposito del nome Fly or Die aveva risposto: «Abbiamo veramente bisogno l’uno dell’altro. Volare assieme o morire soli. Io ho scelto di volare». E ha volato alto: ma non è bastato.

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