Le proteste di lavoratori e sindacati alla fine hanno avuto effetto. La riconferma a presidente dell’Istat del 74enne Gian Carlo Blangiardo appare sempre più difficile. Il demografo antiabortista in quota leghista era stato confermato dal governo Meloni nel consiglio dei ministri del 9 marzo. Ma il parere il gradimento del parlamento è vincolante.

Oggi la sua nomina non andrà al voto come programmato. L’asticella necessaria dei due terzi di voto è irraggiungibile senza un accordo almeno con una parte dell’opposizione. E, a meno di colpi di scena renziani o del M5s che lo votò nel 2019, per ora non si vedono aperture.

Il voto riguarda le commissioni Affari costituzionali di Camera e Senato. L’ufficio di presidenza della I commissione alla Camera ieri non ha inserito il punto nel calendario dei lavori e a Palazzo Madama i senatori hanno riferito che «non se ne è parlato».
Di più: Blangiardo ieri è stato audito per circa mezz’ora dalle commissioni Affari costituzionali in seduta congiunta, senza ricevere alcuna domanda da parte di deputati e senatori. Un chiaro segnale politico.

Nel frattempo però è scaduta la proroga prevista delle norme amministrative. E l’Istituto nazionale di statistica è stato costretto a informare che «in attesa del perfezionamento della nuova nomina del presidente, a partire da oggi garantirà l’operatività dell’ordinaria amministrazione nonchè la legale rappresentanza dell’istituto il professor Francesco Maria Chelli, attualmente componente più anziano del consiglio Istat».

Le proteste dei lavoratori erano sfociate in una occupazione della presidenza. La contestazione riguarda anche una norma ad hoc del decreto che permetterebbe al pensionato Blangiardo di venire pagato, a differenza del primo mandato quando si era limitato a lauti rimborsi di note spese.