Andiamo al Salone del Libro per farci investire da diecimila novità editoriali. Andiamo per accodarci ed ascoltare i grandi autori, le grandi autrici, i divulgatori che abbiamo visto centinaia di volte. Ma magari andiamo anche per incappare in editori che non conosciamo, o che nelle librerie si vedono meno dei blockbusters.

IL MIO SALONE È SPESSO anche questo: fermarmi per curiosità e acquistare quel che di solito mi era sfuggito. Una delle case editrici che ho visto nascere ma che poi in verità ho seguito poco, forse anche per quella sciocca invidia del poeta che crede che chi viene dopo debba fare i conti con la sua sopravvalutata opinione, è Interno Poesia, animata dagli interessi e dalle energie di Andrea Cati.

LA CASA EDITRICE INIZIA ad avere un certo catalogo, anzitutto di giovani poeti e poetesse italiane, ma anche di testi che potremo ascrivere alla categoria dei classici contemporanei. Ed infatti ritrovo una vecchia conoscenza che un’amica italiana mi aveva fatto conoscere a Parigi, Thierry Metz (1956-1997), uomo sfortunato in vita, bersagliato da una iella nerissima, degna dei più travagliati melodrammi colombiani: «La sofferenza ha escluso Thierry Metz dalla vita. Non era un debole. Prima di tutto era poeta. No, manovale. No, poeta. No, manovale. Prima di tutto era poeta e manovale. Scriveva con il piccole. Una volta evaporato il sudore, l’inchiostro diceva la pietra. E la mano. E il respiro», così lo ritrae ad esempio Thomas Vinau, scrittore di Tolosa.

QUINDI OLTREMODO POETA, e infatti Folio, la celebre collana economica di Gallimard, ha pubblicato Le journal d’un manoeuvre, che un mio coetaneo, il poeta Andrea Ponso, ha recentemente tradotto e pubblicato per un’altra neonata casa editrice milanese, Edizioni degli Animali. Il volume che ci regala Interno Poesia si intitola Dire tutto alle case, è una selezione di poesie inedite, composte tra il 1978 ed il 1997, mai uscite in volume durante la vita di Metz. Pierre Maynard ne ha curato l’edizione in lingua madre nel 2017, poi accolta nel grembo da Mia Lecomte, poetessa e autrice impegnata in quel settore che si chiama, per comodità, letteratura migrante.

IL PRIMO TONFO CHE MI risuona nella mente lo incontro a pagina 81: Un silenzio. / D’albero abbattuto. Ecco qui la magia di chi sa dire quel che sembrerebbe insignificante, marginale, del tutto inesplicabile. Eppure, ora che è stato scritto, ora che appartiene alla nostra conoscenza, alla nostra percezione modulata da un codice linguistico, fa tanto rumore. Quante volte quell’albero continua a cadere nella mia immaginazione? E quante volte subito dopo c’è un abbozzo di silenzio, di pausa? Si deve attendere qualcosa. O nulla. Dopo che quell’olmo nei giardino di Torino, dopo che quel faggio nella foresta delle Alpi Marittime, dopo che quel Platano nei viali di Milano o di Bologna è precipitato e si è schiantato al suolo, o meglio, su un’auto nuova appena accartocciata dai quintali nei quali si distribuisce il peso di questo gigante che si è lasciato crescere per decenni e infine ha ceduto, attendo. I poeti ci fanno di queste sorprese: quasi non se ne accorgono di quel che scrivono, centellinando, setacciando, lo depositano muovendo la punta di una penna. O schiacciando la tastiera di un pc o di uno smartphone. E noi, magari sei mesi dopo, o cent’anni dopo, ci arriviamo, perlustriamo, e ci cadiamo addosso.

QUESTA LIRICA È FIRMATA 1995. Mi ritiro su una panchina / tra le foglie / lontano dalla vetrata e dal libro. / Ora scrivo a scosse / trattenuto dalla corda che mi ha gettato / il sole. E di nuovo, quante lettere sono? Una manciata eppure c’è tutto un mondo immaginato in due movimenti: l’abbandono e la percezione. L’escludersi su una panchina qualsiasi, e il godersi questa mattina – o pomeriggio – di sole che scende proprio sopra di te, con quella corda tutta fatta di nasi che sentono odori della terra, di orecchie che ascoltano i rumori che sgorgano intorno a noi, e di calore che i raggi tatuano sulla pelle. Leggendo queste righe ho ripensato al protagonista di Caos calmo di Sandro Veronesi, i suoi giorni sulla panchina in attesa di una vita che ha preferito sospendere… Avrei voluto parlare di tutto il libro, invece ho potuto danzare solo attorno ai versi di una poesia. Leggete Thierry Metz e comprate le pubblicazioni di Interno Poesia.