Il 16 marzo il Ministero della Transizione Ecologica ha pubblicato il Programma Nazionale per la Gestione dei Rifiuti (Pngr), avviando anche la consultazione pubblica per la Valutazione Ambientale Strategica (Vas): ci sono 45 giorni di tempo (scadenza a fine maggio) per presentare osservazioni nei confronti di quello che sarà lo strumento di indirizzo per le Regioni e le Province autonome nella pianificazione della gestione dei rifiuti. Il Programma è stato proposto dalla Direzione generale per l’economia circolare, segno che almeno a parole l’Italia ha recepito le indicazioni che arrivano dall’Europa in materie di rifiuti: verso l’economia circolare come strumento di transizione ecologica.

A parole, però: alcune tra le principali associazione ambientaliste, Greenpeace, Kyoto Club, Legambiente e Wwf, hanno inviato insieme a ZeroWaste Italy una lettera con le proprie valutazioni nei confronti del Programma, evidenziando i punti di forza ma anche i limiti della proposta italiana.

Le organizzazione, infatti, valutano positivamente la proposta di Pngr, ma evidenziano forti criticità in merito ad un aspetto, che tocca anche le previsioni legate alla costruzione di un nuovo inceneritore a servizio della Capitale, in particolare per quanto riguarda le previsioni sulla gestione del Rifiuto Urbano Residuo (Rur). Le osservazioni sottolineano infatti che la scelta di prevedere l’incenerimento del residuo non differenziato né inviato a processi di economia circolare sia «in contraddizione con gli obiettivi generali dell’agenda ambientale dell’Unione europea».

Due le criticità: poiché l’orizzonte del Programma nazionale è al 2028, non avrebbe senso stabilire un obiettivo al 2035, cioè di portare in discarica un massimo del 10% del residuo indifferenziabile (la percentuale nel 2020 è del 20%, secondo l’ultimo rapporto Ispra dedicato ai rifiuti in Italia), e farlo «diventare la determinante principale delle scelte relative al Rur, spingendole verso l’incenerimento. In tale senso, arriva addirittura a raccomandare l’incenerimento del Rur senza pretrattamenti, «allo scopo di massimizzarne il recupero energetico» scrivono le associazioni.

La seconda, sottolinea la lettera, è che «la produzione di energia tramite incenerimento è attualmente, e clamorosamente, un ostacolo nel percorso verso la decarbonizzazione della gestione dei rifiuti e della stessa produzione energetica», perché l’impronta climalterante dell’incenerimento è già superiore (quasi tre volte) a quella del mix energetico nazionale ed europeo.
Il rischio paventato si chiama «ingessamento del sistema», connesso in modo inevitabile alla (eventuale) realizzazione di nuovi inceneritori: per tecnologie fortemente capital intensive e senza versatilità operativa (ossia, non convertibili a trattare materiali da raccolta differenziata), arriva sempre la necessità di assicurare il ritorno degli investimenti e questa va per forza di cose a confliggere con gli obiettivi sempre più ambiziosi della agenda europea sulla Economia Circolare.

L’alternativa è già scritta nel Programma, che mette in evidenza le determinanti principali di una ulteriore evoluzione del sistema delle raccolte differenziate e del recupero di materia, puntando a rappresentare un Piano di indirizzo alle pianificazioni regionali e non uno strumento attraverso il quale imporre scelte e dimensionamenti, il principale vulnus dello Sblocca Italia del governo Renzi. Per le associazioni è così prioritario lavorare sulle direttrici virtuose, ossia la riduzione dei rifiuti urbani, l’innalzamento del tasso di raccolta differenziata e di quello conseguente, ossia il tasso di «preparazione per il riuso e riciclo», ovvero il recupero netto di materia. Per far questo, serve un servizio di igiene urbana di qualità: non serve, com’è invece previsto, finanziare i sistemi di raccolta che prevedono l’uso di contenitori stradali con accesso controllato .

Queste sono anche piccole «sbavature» del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (Pnrr), mentre l’incenerimento del Pngr è un errore da penna rossa.