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Il valore non è un prezzo. Liberare l’acqua dalla Borsa

Il valore non è un prezzo. Liberare l’acqua dalla BorsaAcqua pubblica. – LaPresse

L'iniziativa In soli 13 giorni- dal 20 novembre - quasi 50.000 donne e uomini del nostro paese hanno sottoscritto per un capovolgimento delle scelte economiche e politiche oggi imperanti

Pubblicato quasi 3 anni faEdizione del 8 dicembre 2021

«Il valore non è un prezzo» è il titolo della rivendicazione (non petizione) che change.org ci ha aiutato a diffondere in Italia a partire dal 20 novembre (vedi QUI): un capovolgimento di prospettiva umana «vogliamo l’acqua bene comune pubblico mondiale e fuori della Borsa». Ieri abbiamo la manifestato per «Liberiamo l’acqua dalla Borsa» in Piazza del Lussemburgo a Bruxelles davanti il Parlamento europeo e ieri pomeriggio a Place de la Bourse a Parigi e a Montréal (ora locale). Giovedì 9 mattina, domani, ci sarà la manifestazione a Milano, Piazza Affari e nel pomeriggio a Roma nei dintorni del Parlamento .

QUEL CHE È DI GRANDE incoraggiamento, oltre che di contentezza, è che in soli 13 giorni, a partire dal 20 novembre, quasi 50.000 donne e uomini del nostro paese hanno apposto la loro firma ad un capovolgimento delle credenze culturali e sociali e delle scelte economiche e politiche oggi imperanti. Anzitutto , un capovolgimento riguardo i criteri di definizione del valore delle cose, della vita. I firmatari hanno sconfessato la credenza imposta dai gruppi sociali dominanti che il prezzo di mercato definisce il valore di un albero, di un vaccino, di una conoscenza scientifica, di una innovazione sociale, di un gregge di pecore, di un calciatore, di una operaia dell’Aia, di una insegnante elementare, di un metro cubo d’acqua potable.

Schierarsi a favore dell’idea che il prezzo dell’acqua, bene naturale essenziale per la vita, non è riducibile al suo prezzo di proprietà e di consumo, rappresenta uno schiaffo forte in faccia ai dominanti. Questi hanno imposto le tesi che non vi sono piu i diritti all’acqua, alla salute, all’alloggio, all’educazione, alla libertà. Ma la capacità di accesso su basi eque e a prezzo abbordabile all’acqua, alla salute, all’alloggio, all’informazione digitale. Secondo loro ,un prezzo è «abbordabile», soprattutto nel senso che deve essere tale per consentire un livello di profitto «giusto» per il capitale investito!

In secondo luogo, un capovolgimento riguardo la dimensione storica della vita dalla quale partire per definire e riorganizzare le relazioni tra, fra poco, i 9 miliardi di persone che abiteranno la Terra insieme agli altri miliardi, ben più numerosi, di esseri viventi (microbi, piante, animali). La rivendicazione sostiene che l’acqua deve essere trattata come un bene comune mondiale, e non solo europeo, russo, africano-subsahariano, medio-orientale, Usa, vuoi italiano, keniano, bengalese, coeano, costaricano, israeliano o turco. Firmando, i cittadini hanno espresso una coscienza nuova, concreta della condizione umana e cioè la mondialità effettiva della comunità di esistenza e del divenire della vita della Terra.

L’ACQUA É MONDIALE e cosi deve essere (dobbiamo imparare) il governo della politica dell’acqua oggi in mano ai gruppi oligarchici delle grandi compagnie multinazionali dell’acqua, con la messa in Borsa dell’acqua, dei fondi d’investimento globali speculativi.
Inoltre , i firmatari hanno aderito all’affermazione che l’acqua è un bene comune mondiale pubblico. Ci vuole incoscienza o deliberata convizione per rivendicare tale scelta in un’epoca in cui i gruppi sociali dominanti sono riusciti a demolire il concetto di pubblico (specie quello statuale) .

L’acqua pubblica è stata eliminata dal linguaggio corrente e fa sempre meno parte della narrazione etica, sociale e politica della vita.
Cosi, cosa che sembrava impossibile, i firmatari hanno sconfessato il principio accettato da molti governi e poteri pubblici che non si può lottare contro la presa di controllo mondiale della vita da parte della finanza privata. Per molti, mettere in questione la potenza della finanza privata ed in partcolare degli operatori in Borsa è irrealista e velleitaria, da Don Quisciotte. Ebbene , quasi 50.000 donne e uomini in Italia hanno cominciato una nuvoa battaglia.

Dal 25 ottobre scorso la battaglia è diventata ancor più necessaria e dura. Su pressione ed iniziativa del fondo d’investimento più potente al mondo, Black Rock, la borsa di New York (“Wall Street”) ha deciso di creare una nuova classe di averi finanziari, i Natural Assets , gestiti da una nuova categoria d’imprese, le NAC (Natural Assets Companies).

SECONDO LA PROPOSTA di Black Rock si tratta a termine di gestire il 30% del mondo naturale della Terra attraverso i meccanismi delle transazioni finanziarie in Borsa, la cosidetta «monetizzazione della natura» (‘nature priaveri finanziari! Che bel progetto. Le 50 mlla firme sono una bella soffiata di ossigeno culturale e politico per «ridare» un senso «spirituale», etico e sociale alla vita. Esse rappreentano un piccolo passo di un lungo percorso collettivo mondiale all’insegna di «il valore non è un prezzo».

(*) Queso testo è dedicato alle centinaia di persone che dal Piemonte alla Sicilia hanno collaborato alla campagna di raccolta firme «Liberiamo l’acqua dalla Borsa» su change.org.
Mi limito a menzionare gli amici Elena Mazzoni, Maurizio Montalto, Luca Cecchi, Marinella Nasoni, il Monastero del Bene Comune, le Mamme NoPfas, Pax Christi, Animal Safe Italia, Nicola Perrone, Guido Barbera, Alfio Foti,Roberto Morea, Roberto Musacchio, Rifondazione Comunista, Emanuele Villa Marco Job, Antonio Bruno.

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