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Il sindacato contro la secessione

Il sindacato contro la secessioneLuciano Fabro, "L’Italia d’oro", 1971

Sfascia Italia Sulla cosiddetta autonomia differenziata che disarticola anche il welfare nazionale, la Cgil guidata da Landini potrebbe assumere un ruolo di mobilitazione delle lotte

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 1 marzo 2019

Non credo che il successo della Lega sia ascrivibile a una improvvisa trasformazione antropologica degli italiani, tutti diventati razzisti. Questo è un vecchio alibi di chi sostiene che «non c’è niente da fare» per poter continuare a badare ai fatti propri. Questo sì, un antico tratto guicciardiniano del carattere italiano.

Ma il nostro è il paese più cosmopolita d’Europa, per storia millenaria e recente. Non c’è, nel Vecchio Continente, un territorio come il nostro, che già in età preromana era formato da un mosaico di etnie, arricchitie dal cosmpolitismo dell’Impero, attraversato da popoli stranieri dal medioevo fino all’età moderna. Senza dimenticare il ruolo universalistico giocato dalla Chiesa di Roma. Un popolo continuamente migrante, che tra ‘800 e 900 ha colonizzato non pochi angoli del pianeta. E che spesso è ritornato in patria. E l’Italia non ha il passato coloniale della Spagna, della Gran Bretagna, della Francia, della Germania…

CERTO NON mancano da noi sacche di abiezione civile, ma sono bassifondi marginali. Dunque il successo del razzismo leghista è un fenomeno recente e politico, legato alle condizioni di disagio create dagli immigrati nelle nostre periferie, all’arretramento sociale di vaste fascie di popolazione, al risentimento contro la «casta», alla politica dell’Ue, la prima sorgente del dilagare di quello che chiamiamo populismo o sovranismo.
Oggi si presenta tuttavia una grande occasione di fermare l’avanzare della Lega: sottrarre il Sud alla sua influenza, mostrare il suo immutato carattere regionalista e secessionista.

La legge per la cosiddetta autonomia differenziata, che minaccia l’unità del paese, come abbiamo più volte ripetuto su queste pagine, costituisce anche una opportunità politica. Essa infatti non tende solo a emarginare il Sud, ma è una strada percorribile solo tramite la disarticolazione del welfare nazionale, la rottura degli ordinamenti, l’emarginazione dello stato unitario. Questa prospettiva, esaminata da tanti studiosi e istituti con analisi inoppugnabili, spaventa non solo le popolazioni del Sud, ma anche tanti cittadini del resto del Paese.

E L’ITALIA ha mostrato non poche volte la capacità di unirsi di fronte alle manipolazioni della Costituzione che mettevano in pericolo la conquista storica della nostra unità. Oggi, nel momento in cui il disegno segreto della Lega è diventato noto, sta montando la mobilitazione. A sinistra Rifondazione comunista e Sinistra Italiana, ma anche alcuni esponenti del Pd, solitariamente, si stanno attivando. Ma sono soprattutto alcune categorie sociali a mobilitarsi, come gli insegnanti e i medici, il cui Ordine nazionale ha assunto posizioni coraggiose di denuncia. E tuttavia si tratta di iniziative sparse e disperse. Ancora non è stata colta la potenzialità decisiva di questa lotta. Mostrare almeno ai meridionali che cosa la Lega di Salvini, Zaia, Maroni sta preparando al Mezzogiorno dovrebbe servire come ammonimento a non dare più un solo voto a chi li sta pugnalando alle spalle.

È IN QUESTA situazione che a mio avviso la Cgil guidata da Landini potrebbe assumere un ruolo importante, di mobilitazione e di unificazione delle lotte. Sul sindacato occorrerebbe per la verità una profonda riflessione. Questo fondamentale presidio di democrazia è ancora attardato a una visione novecentesca dello sviluppo economico, subisce passivamente la dimensione locale del suo insediamento, di fronte alla mobilità mondiale del capitale.

Oggi occorrerebe immettere nel grande corpo della Cgil un bel po’ di giovani che hanno lauree, dottorati, master, conoscono più lingue, a trent’anni hanno girato mezzo mondo e che potrebbero portare nuove culture, nuove visioni e proiezioni internazionali. Oggi questi giovani sono chiamati e incentivati a creare le cosiddette sturtup, se li prende il capitale per accrescere profitti. Mentre il sindacato potrebbe offrir loro l’ opportunità di diventare nuovi gruppi dirigenti al centro e nei territori.

È UNA LINEA che può essere ricercata subito se il sindacato rimette il Mezzogiorno al centro della sua lotta come leva per l’unità e la ripresa generale dell’intero paese. Occorrerebbe selezionare pochi obiettivi realizzabili: i servizi della sanità e della scuola, le infratrtture ferroviarie e viarie,(Matera, città europea della cultura, non ha una stazione ferroviaria), la rigenerazione urbana, la valorizzazione delle aree interne più suscettibili di ripresa economica, mobilitando soprattuto i sindaci. In Puglia la vicepresidente della Regione, Angela Barbanente, ha realizzato alcuni anni fa un modello esemplare di rigenerazione, con i fondi Ue, cambiando il volto di interi quartieri, paesi, scuole, servizi.

Ma bisogna indirizzare la rabbia meridionale nella giusta direzione. Il Sud è stato messo ai margini anche perché alcune regioni del Nord – come insegna il caso Formigoni – hanno praticato una secessione finanziaria di fatto, a cui oggi vogliono fornire il marchio definitivo di una legge.

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