Visioni

Il rischio della sperimentazione all’ombra del Jazz em Agosto

Il rischio della sperimentazione all’ombra del Jazz em AgostoTrance Maps+ al Jazz em Agosto – foto di Vera Marmelo

Festival L’omaggio a Madalena Perdigao, il progetto Trance Maps+ di Evan Parker e Matt Wright

Pubblicato circa un anno faEdizione del 1 agosto 2023

Vamos correr riscos, correremo rischi: è il sottotitolo di una mostra, chiusa da pochi giorni, che la Fondazione Gulbenkian ha dedicato nel centenario della nascita a Madalena de Azeredo Perdigao, figura fondamentale della cultura portoghese della seconda metà del novecento. Figlia di un oppositore alla dittatura di Salazar, fra il ’58 e il ‘74 occupò ruoli direttivi alla Gulbenkian, contribuendo in maniera decisiva a strutturare, rinnovare e mettere in una prospettiva internazionale le attività musicali dell’importante istituzione lisboeta; dopo la Rivoluzione dei garofani fu chiamata a responsabilità nazionali nel campo dell’educazione artistica; tornata poi negli anni ottanta alla Gulbenkian, prima di mancare nell’89 diede fra l’altro impulso alla creazione di Jazz em Agosto, la rassegna che la Fondazione porta avanti ormai da quattro decenni.

A MADALENA PERDIGAO Jazz em Agosto 2023 rende omaggio con uno degli assi portanti della sua 39esima edizione (27 luglio-6 agosto), cioè le proposte che testimoniano della crescente presenza femminile nel jazz di ricerca e nella musica improvvisata, a cui peraltro la manifestazione è non da oggi attenta. Ma in definitiva Jazz em Agosto rende omaggio a Madalena Perdigao da sempre, fedele al suo atteggiamento sull’arte e la cultura. «Correremo rischi, commetteremo errori. Permetteremo che altri corrano rischi e commettano errori»: Madalena Perdigao lo scriveva nel programma di Acarte, ambito di animazione, creazione e educazione artistica a cui diede vita per la Gulbenkian nell’84. È una linea di condotta che si vorrebbe veder adottata da tutte le rassegne che si richiamano a musiche come il jazz e l’improvvisazione, ma che poche praticano.

I fiati creano momenti di crescendo ipnotico, di concitazione però controllata, un ossimoro musicale che fa pensare al parossismo, al fervore dei marocchini Jajouka
Non è certo per festival che vogliono fare prudente cabotaggio Trance Maps +, nato anni fa dalla collaborazione del sassofonista Evan Parker, caposcuola dell’improvvisazione radicale europea nata negli anni sessanta, con Matt Wright, britannico come lui, molto più giovane, attivo con l’elettronica in campo improvvisativo. Ma Jazz em Agosto può contare su un pubblico numeroso e affezionato, che riempie il magnifico anfiteatro nel parco della fondazione. Poco più di un mese dopo la morte di Peter Brotzmann, altro caposcuola della free music del vecchio continente, ritrovare Evan Parker è una grande consolazione, tanto più che Parker aveva smesso di viaggiare: nella fase di riflessione sulla vita stimolata dal Covid è arrivato alla conclusione che alla sua età non sopporta più gli aeroporti, e per Jazz em Agosto dalla sua Inghilterra è arrivato in treno, poi dalla Francia meridionale un amico lo ha caricato in macchina fino a Lisbona.

TRANCE MAPS + ha all’attivo un eccellente live pubblicato dalla Intakt, ma qui la formazione è molto diversa: oltre a Parker al sax soprano e a Wright al processamento del suono, ci sono la violoncellista inglese Hannah Marshall, all’elettronica Pat Thomas, un riferimento della scena improvvisativa d’oltre Manica, alla pocket trumpet e al flicorno il newyorkese Peter Evans, ad un drum set non ortodosso (una grancassa tenuta orizzontale, un piatto, poco più), il batterista francese Toma Gouband.

La musica di Trance Maps + è piuttosto rarefatta, con un lavorio sottile, senza mai congestione dei vari elementi. Parker interviene in maniera molto parca, qua e là, col suo solismo ostinato, Evans introduce leggeri sprazzi melodici, assieme ad effetti, soffi, borborigmi, il violoncello mette altro colore, Wright controlla l’equilibrio dei suoni e l’elettronica aggiunge sfrigolii e ronzii, Gouband, favoloso, è calibratissimo: usa anche delle frasche per percuotere la pelle della grancassa o agitarle nell’aria producendo fruscii. Nel suo distendersi l’insieme può apparire persino esile, ma qui sta uno dei suoi motivi di seduzione: è come un filo sottile che però non si spezza. E i fiati di Parker e di Evans creano qua e là degli straordinari momenti di crescendo ipnotico, di concitazione però controllata, un ossimoro musicale che fa pensare al parossismo, al fervore panico dei marocchini Jajouka, ma in una declinazione sublimata e intellettuale. Un’ora esatta di performance totalmente affascinante, senza neanche un momento di stanchezza o qualcosa di fuori posto.
In effetti la transe e l’ipnosi e il patrimonio musicale africano che le nutrono sono un altro asse di questa edizione. Transe Map + ci arriva con un percorso tanto più interessante in quanto indiretto, la Red Desert Orchestra della pianista francese Eve Risser invece in maniera molto più ovvia, piuttosto fricchettona e datata.
Jazz em Agosto qualche errore lo commette, ma per fortuna continua – con la direzione artistica di Rui Neves, veterano della valorizzazione del jazz in Portogallo – a correre rischi.

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