È un congresso di svolta e di rifondazione di Syriza quello che si sta svolgendo da venerdì fino a domani al Falero, fuori Atene. A ben nove anni dal secondo congresso, con tre ripetuti rinvii dovuti alla pandemia, Syriza si presenta all’elettorato con un nuovo volto e una nuova strategia.

Accanto alla sigla «sinistra radicale» da tempo compare l’aggiunta «Alleanza Progressista», segno dell’innovazione più ambiziosa: trasformarsi in una forza politica che comprenda tutta la sinistra fino al «centro progressista». Non si tratta solo di tenere dentro il partito gli ex elettori socialisti fortemente delusi della svolta neoliberista del Pasok.

DA QUALCHE ANNO, peraltro, ex ministri e noti ex dirigenti socialisti hanno occupato posti di responsabilità dentro Syriza, nel gruppo parlamentare e altrove. Ora il nuovo compito è trasformare Syriza in partito di governo. Ponendo al primo posto il dovere di comprendere le cause della dolorosa sconfitta nel durissimo braccio di ferro con l’eurozona nel 2015.

Nel suo discorso inaugurale Alexis Tsipras ha fatto la sua autocritica per quella sconfitta, chiedendo scusa a coloro che «siamo stati costretti dalla troika a trattare ingiustamente». Ora, ha aggiunto, abbiamo imparato la lezione e prospettiamo per il futuro un modello europeo «ispirato alle esperienze di Madrid e di Lisbona».

Un riferimento non casuale vista la forte presenza al congresso di rappresentanze della sinistra e dei socialisti europei, i saluti in video di Antonio Costa e Pedro Sanchez, il messaggio della sinistra italiana e di Enrico Letta e l’appassionato saluto di Zoran Zaev, ex premier socialista della Macedonia del Nord, che ha messo fine con Tsipras alla lunga querelle sul nome del paese ex jugoslavo.

PARLANDO DAVANTI a un fondo ipnotico, composto da varie sfumature di rosso, in un palco a forma di stella, Tsipras ha prospettato un Syriza pronto a vincere le probabili elezioni anticipate. Ha definito il governo di Kyriakos Mitsotakis «il volto più feroce del neoliberismo», con il premier che fa l’«appaltatore» per conto dei suoi amici oligarchi.

In effetti i sondaggi riservati indicano una destra in calo vertiginoso, con un’opinione pubblica sempre più piena di rabbia e disperazione. In questo quadro non si esclude che Mitsotakis decida di ricorrere alle urne prima della scadenza naturale del 2023.

Il presidente di Syriza si mostra sicuro che le elezioni (con il sistema proporzionale semplice) faranno vincere la sinistra e le daranno la possibilità di guidare un governo di coalizione con il Pasok, visto che i comunisti del KKE preferiscono lo splendido isolamento.

PER TSIPRAS è attualissima la vecchia scelta di Rosa Luxemburg: «Socialismo o barbarie». E mentre il «socialismo» si è tradotto nel ripristino dello stato sociale, dei diritti del lavoro dipendente, la barbarie è evidente a tutti dopo tre anni di saccheggio e distruzione del paese da parte della destra e degli oligarchi. Con il rischio, ha aggiunto il leader di Syriza, di riportare la Grecia di nuovo verso la bancarotta.

La prospettiva di un governo di sinistra ha entusiasmato i congressisti che hanno riservato ovazioni al leader e in questi giorni non perdono occasione per ribadire la loro voglia di cambiamento. Al suo terzo congresso Syriza ha aumentato i suoi iscritti dai 24mila del 2016 agli attuali 61.600.

E QUESTI TESSERATI, non più i congressisti, eleggeranno il nuovo Comitato centrale di 300 componenti e confermeranno Tsipras alla presidenza. È una delle innovazioni proposte dallo stesso leader, insieme con la svolta verso il «radicalismo progressivo» aperto all’«imprenditoria sana» e al «ceto medio», cioè alle piccole e piccolissime imprese che da sempre contraddistinguono l’economia greca.

Già nel dibattito precongressuale parecchie correnti interne avevano espresso forti dubbi. In particolare quella denominata Ombrello, il cui esponente più significativo è l’economista Euclides Tsakalotos, intravvedeva il pericolo di un moderatismo che rischiava di deludere l’elettorato di sinistra senza conquistare quello di centro.

MA LE MOZIONI di opposizione non hanno ottenuto grande consenso e il dibattito congressuale si è svolto in termini pacati, escluso il momento di tensione di ieri, quando Tsakalotos ha riproposto la questione delle elezioni di presidente e Comitato centrale, paventando il rischio di «leaderismo».

Un rischio alimentato dal tradizionale dominio del leader nella politica greca, anche a sinistra. Nel caso di Syriza però una nuova leadership che sostituisca Tsipras ancora non si vede.