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Il Pd e il Ttip

Nuova finanza pubblica La rubrica settimanale a cura di Nuova Finanza Pubblica

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 30 maggio 2015

«Il gruppo Socialisti & Democratici ha fortemente voluto questa risoluzione, proprio perché espressione concreta del potere di controllo che detiene il Parlamento e, dunque, attraverso di esso, i cittadini». Così commenta, sul suo sito personale, l’eurodeputata del Pd Alessia Mosca l’avvenuta approvazione (29 voti a favore, 12 contrari) alla Commissione internazionale (INTA) del Parlamento europeo del progetto di relazione sul Ttip.

La risoluzione in oggetto aveva il preciso scopo di rilanciare lo strumento dell’ISDS (Investor-State Dispute Settlement) – un meccanismo che consente alle imprese multinazionali di citare in giudizio presso corti internazionali di arbitrato commerciale le autorità pubbliche in seguito all’approvazione di norme che, a loro giudizio, potrebbero recare danno alla profittabilità dei propri investimenti – dopo le pesanti critiche emerse anche da una consultazione pubblica promossa nel 2014 dalla stessa Commissione Europea, che ha visto oltre 150.000 persone esprimere il proprio totale dissenso.

«Il gruppo Socialisti & Democratici ha avuto un ruolo centrale: ha infatti svolto una profonda azione di mediazione, ascoltando le preoccupazioni e le richieste dei cittadini da una parte e cercando, dall’altra, di trovare una soluzione che non compromettesse la realizzazione di un trattato con grandi potenzialità di crescita e sviluppo», conclude l’ineffabile Mosca.

Di quali cittadini stia parlando non è chiaro; certamente non dei 2 milioni di persone che hanno sinora sottoscritto la petizione dal basso per chiedere l’immediato stop al negoziato. Quanto alle grandi potenzialità di crescita e sviluppo aperte dal Ttip, basterebbe all’eurodeputata una rapida consultazione degli studi commissionati dalla stessa Unione Europea.

Ebbene, lo studio cui spesso si richiama la Commissione, per giustificare il negoziato, è quello del Cepr, pubblicato nel marzo 2013, che stima un impatto diretto sul Pil europeo di +0,48% a partire dal 2027! Mentre per quanto riguarda l’occupazione, lo stesso studio così si esprime: «(..) la semplificazione legata al modello econometrico utilizzato non permette di misurare le possibili conseguenze sul mondo del lavoro» (il pdf qui).

E, già che sta studiando, consiglierei all’eurodeputata Mosca anche la lettura della ricerca indipendente realizzata da Ofse (Austrian Foundation for Development Research), pubblicata nel marzo 2014, che punta il dito sui guadagni economici relativi rispetto ai costi sociali dovuti alla revisione di normative e standard ambientali o di sicurezza sanitaria o dei consumatori, e a quelli dovuti alla disoccupazione o alla ristrutturazione del mercato del lavoro. Una previsione basata su stime conservative e che fa riferimento alla possibile riallocazione di una forza lavoro compresa tra 400mila e poco più di un milione di persone implicherebbe costi variabili tra 5 e 14 miliardi di euro per gli ammortizzatori sociali, senza considerare quelli per formazione e aggiornamento. A cui si dovrebbero sommare le risorse perse a causa della cancellazione di dazi e tariffe, attorno ai due miliardi di euro all’anno che, sommati sui 10 anni di implementazione, supererebbero i 20 miliardi. (il pdf qui).

Insomma, la metta come vuole l’eurodeputata Mosca, ma un dato è certo: il suo voto dell’altro giorno è servito a ridare fiato, in un momento di difficoltà, al negoziato Ttip. Quanto ai cittadini, non si preoccupi di dar loro voce: se la prenderanno autonomamente, nelle piazze di tutta Europa.

* Link agli studi citati sul nostro sito. L’autore fa parte di Attac Italia

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