«Il fascismo ha tradito l’Italia, …togliendo ai lavoratori le loro libertà, conducendo una politica di guerra, una politica di odio verso gli altri Paesi, facendo una politica che sopprimeva ogni possibilità della persona umana di veder rispettate le proprie libertà, la propria dignità, facendo in modo di togliere la possibilità alle categorie più oppresse, più diseredate del nostro Paese, di affacciarsi alla vita sociale…» (Teresa Mattei, Assemblea costituente, sed. pom. 18 marzo 1947).

Nelle parole di Teresa Mattei si coglie il senso dell’antifascismo: un antifascismo che coinvolge la Costituzione tutta, un antifascismo da praticare su più livelli.

Il primo livello è il più immediato. È l’antifascismo della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione, che sancisce il divieto di «riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista»: una disposizione, invero, dopo gli scioglimenti nel 1973 di Ordine Nuovo, nel 1976 di Avanguardia Nazionale e nel 2000 del Fronte nazionale (quest’ultimo, per incitamento all’odio razziale), indebitamente accantonata, nonostante aggressioni, come quella alla sede della Cgil il 9 ottobre 2021, che mostrano la pericolosità delle organizzazioni neofasciste, a partire da Forza Nuova.

Il secondo livello è la costruzione di una democrazia conflittuale, pluralista e sociale, che è antifascista nella sua essenza e rappresenta un antidoto contro il fascismo; è l’antifascismo che attraversa la Costituzione, una Costituzione armonicamente e strutturalmente antifascista.

Antifascismo è riconoscere che la democrazia è conflitto

Antifascismo è riconoscere che la democrazia è conflitto, che esiste un conflitto sociale; è fondare la Repubblica sul lavoro, nella consapevolezza che lavoratore e imprenditore non hanno gli stessi interessi e che occorre garantire il lavoratore, riequilibrando attraverso il diritto, lo sciopero e l’azione sindacale, rapporti di forza diseguali.

Antifascismo è quindi tutelare i lavoratori contro delocalizzazioni selvagge, lottare contro le condizioni servili dei falsi lavoratori autonomi, della gig economy e dei braccianti agricoli, così come contro il biopotere che si occulta dietro l’home working.

Antifascismo è rendere effettiva la libertà di manifestazione del pensiero, contro una narrazione omologante, rifiutare la logica dicotomica e artificialmente semplificatrice amico/nemico, considerare il dissenso una ricchezza per la democrazia e non criminalizzarlo e reprimerlo.

Antifascismo è creare le condizioni perché possa svilupparsi una partecipazione effettiva e consapevole, muovendo da una scuola e un’università che stimolino la riflessione critica, l’immaginazione, la ricerca libera. Antifascismo, dunque, è opporsi all’aziendalizzazione che funzionalizza il sapere alle esigenze delle imprese, degradandolo all’acquisizione di competenze spendibili sul mercato del lavoro.

Antifascismo è liberare la persona umana, promuovendo il suo pieno sviluppo, nel nome di una effettiva uguale diversità, al netto dei bisogni e dei condizionamenti sociali ed economici.

Antifascismo è garantire e favorire l’espressione del pluralismo, nelle sue forme “dal basso”, così come nei partiti, nella rappresentanza e in Parlamento.

Antifascismo è limitare il potere, equilibrandolo e dividendolo, invertendo la rotta dunque rispetto alla verticalizzazione del potere, prepotentemente accelerata con la “legittimazione” dell’emergenza (terrorismo, migranti, pandemia e guerra).

Antifascismo è ripudiare la guerra e adoperarsi per una comunità internazionale che persegua la pace e la giustizia, ricordando che «totalitarismo e dittatura all’interno significano inesorabilmente nazionalismo e guerra all’esterno» (Calamandrei), e viceversa.

Antifascismo è non introdurre discriminazioni dal sentore razzista fra i profughi e abbandonare politiche di “controllo dei flussi migratori” che causano un genocidio del popolo migrante.

Il terzo livello di antifascismo è combattere il fascismo della “società dei consumi”, che ha dato «altri sentimenti, altri modi di pensare, di vivere, altri modelli culturali» (Pasolini), ovvero il fascismo che risiede nella competitività sfrenata del modello neoliberista che dilaga in tutti gli ambiti della società e della vita, con il suo homo oeconomicus, con la mostruosa metamorfosi (citando liberamente dal Pnrr) della persona in capitale umano, del volontariato in capitale sociale, dell’emancipazione femminile in empowerment nelle condizioni competitive.

Non si intende con questo in alcun modo diluire il senso dell’antifascismo storico, il valore della Resistenza e l’importanza della Liberazione, ma sottolineare come esso segni profondamente la Costituzione e come l’antifascismo impegni a mobilitarsi contro tutte le forme di oppressione, del pensiero, del dissenso, sociali, di genere, economiche e, non ultima, la guerra.