Il «metallo volante» e il derby della fisica
Scienza L’annuncio della scoperta di un «superconduttore ad alta temperatura» scatena il dibattito. Sui social. Alla notizia, diffusa da un gruppo di studiosi coreani, reagiscono soprattutto i non esperti. Ma, lontano da Twitter/X, tra gli scienziati domina lo scetticismo
Scienza L’annuncio della scoperta di un «superconduttore ad alta temperatura» scatena il dibattito. Sui social. Alla notizia, diffusa da un gruppo di studiosi coreani, reagiscono soprattutto i non esperti. Ma, lontano da Twitter/X, tra gli scienziati domina lo scetticismo
Chi frequenta il social network Twitter (o «X» come si chiama adesso), negli ultimi giorni potrebbe essersi imbattuto in animatissimi dibattiti su un tema che di solito non scalda i followers come la «superconduttività». Tutto è cominciato il 22 luglio, quando un gruppo di fisici coreani ha annunciato la scoperta del primo materiale «superconduttore ad alta temperatura». È un’espressione probabilmente oscura a chi non ha una laurea in fisica. Ma per la scienza dei materiali si tratta del Sacro Graal: la superconduttività è il fenomeno – spiegabile solo con la meccanica quantistica – che permette alla corrente elettrica di scorrere senza resistenza in un cavo.
QUESTO PERMETTEREBBE di realizzare collegamenti che trasmettano l’elettricità con un’efficienza energetica assai superiore a quella attuale. Ci si potrebbero costruire reattori per la fusione nucleare, strumenti diagnostici più precisi o treni a levitazione magnetica: un progresso tecnologico notevole, con ricadute positive anche per il clima e l’ambiente. Materiali con queste caratteristiche sono già conosciuti, ma diventano superconduttivi solo a temperature bassissime o a pressioni elevatissime, condizioni estreme e economicamente insostenibili che impediscono di sfruttare la superconduttività su scala industriale. Lo scienziato che per primo riuscisse a individuare un materiale superconduttore a temperature ambiente (cioè «ad alta temperatura» nel gergo dei fisici) avrebbe la strada spianata per il premio Nobel, con fama mondiale assicurata per decenni e prospettive economiche piuttosto rosee.
Per questo l’annuncio della scoperta di un materiale superconduttivo ad alta temperatura sta animando le discussioni tra gli utenti dei social network. Tutto merito, o colpa, di un gruppo di ricerca coreano che il 22 luglio ha pubblicato su Internet due studi in cui viene spiegato anche come produrre il materiale denominato LK-99 dal nome dei suoi inventori Sukbae Lee e Jihoon Kim.
A leggere i due preprint – così si chiamano le ricerche pubblicate sul web senza alcun filtro – il materiale è superconduttivo a temperatura ambiente e può essere prodotto con poco sforzo: basta mescolare polveri a base di piombo, rame e fosforo e cuocerle in un forno abbastanza potente per alcune ore. In questi giorni la rivista Apl Materials sta valutando i dati in vista di una pubblicazione ufficiale, ma il materiale LK-99 nel frattempo è stato brevettato e registrato. Oltre a grafici e numeri, i ricercatori hanno diffuso anche filmati che mostrano la levitazione di un pezzetto del prezioso materiale in presenza di un campo magnetico. È ritenuto un altro indizio di superconduttività, sebbene non tutto ciò che levita sia superconduttore: anche un pezzo di grafite o una rana rimangono sospesi nel vuoto in un campo magnetico.
MA PERCHÉ SCRIVERE due articoli e non uno solo? La storia si tinge da subito di giallo: a scrivere il primo studio sarebbe stato un terzo componente della squadra allontanato pochi mesi prima che, con dati incompleti, ha spifferato tutto a una conferenza senza il permesso degli altri. Questo avrebbe spinto il resto del gruppo a chiarire le cose con un secondo preprint.
Non è comunque il primo annuncio di questo tipo. «Negli anni ho raccolto una lista (incompleta) di preprint su materiali superconduttori a temperatura ambiente», ha spiegato il fisico ungherese Peter Nemes-Incze del Centro per la ricerca energetica di Budapest. «Talvolta ce ne sono più di uno ogni anno». Il sottinteso è che tutti questi annunci si rivelano regolarmente infondati. Sono passati del resto pochi mesi da un altro annuncio-choc su un materiale superconduttore, quello del fisico srilankese Ranga Dias, di cui proprio pochi giorni fa la rivista Nature ha ritirato un secondo studio rivelatosi truccato.
EPPURE, nonostante i precedenti poco virtuosi, LK-99 ha attirato un’attenzione senza precedenti diventando argomento di dibattito per migliaia di persone (non solo esperti) sui social network. In larga parte, è merito degli stessi ricercatori coreani che hanno spiegato con una rara chiarezza come riprodurre il materiale LK-99 invece di mantenerne segreta la ricetta. La trasparenza consente di verificare rapidamente la bontà della scoperta e suggerisce che Lee, Kim e colleghi non siano ciarlatani. In tanti – università, ma anche ingegneri spaziali e persino una cosplayer russa – provano a riprodurre l’esperimento, spesso in diretta social: non capita tutti i giorni di poter ripetere in cucina una scoperta da Nobel, mostrando pezzetti di metallo che galleggiano su una calamita. A colpi di streaming su Twitter/X, in pochi giorni la rete preferita dagli scienziati si divide tra tifosi e scettici come in un derby calcistico.
Fuori dai social, gli scienziati più esperti non si fanno abbindolare dal metallo volante. Tra loro domina piuttosto lo scetticismo. Una decina di laboratori accademici – anche italiani – ha provato a verificare la scoperta dei coreani, segno che la questione non è presa sottogamba. Ma finora hanno avuto scarso successo.
Al massimo, LK-99 si è rivelato superconduttivo a 163 gradi sottozero (non proprio la temperatura ambiente) secondo i ricercatori dell’Università sudorientale di Nanchino (Cina). Il fisico della Rice University Doug Natelson ha rilevato delle incongruenze nei grafici tracciati dal gruppo di Lee e Kim che meriteranno qualche spiegazione. La fisica teorica della Sapienza di Roma, Lilia Boeri, dopo aver letto gli studi, parla di «dati approssimativi» e «supporto teorico inesistente». «Fa paura – prosegue Boeri – che un’affermazione infondata attiri tutta questa attenzione».
Anche al giornalista scientifico statunitense Dan Garisto, tra i più attenti nel seguire l’affaire, la vicenda ricorda «una partita allo stadio» più che un dibattito scientifico. E a suo avviso questo dovrebbe generare una riflessione su cosa sia diventato oggi il racconto della scienza. Se l’attenzione del pubblico si sposta sui social network, anche l’informazione scientifica rischia di finire nel campo da gioco alla ricerca di lettori e spettatori. Ma è questo il suo ruolo?
«Ci sono cose che il pubblico deve conoscere sulla scienza. Il riscaldamento climatico. La qualità dell’acqua che bevono. Le truffe negli studi sull’Alzheimer», ha scritto pochi giorni fa Garisto nel suo blog. Ma quando si tratta di meccanica quantistica o di cosmologia, il giornalismo scientifico si trasforma in intrattenimento.
«NON SI TRATTA di quel tipo ci conoscenza che aiuta nella vita quotidiana o su cui ci costruiamo una visione del mondo». Non è una novità assoluta: «dall’Ottocento, in cui si presentavano nuove diavolerie elettriche o le teorie sull’etere, ai reportage attuali sui computer quantistici o sulla materia oscura, il giornalismo scientifico si è sempre misurato con la sua capacità di divertire» scrive Garisto. «Ma l’eccesso di attenzione mediatica non è senza conseguenze. Distorce il panorama della ricerca, facendo sì che ricerche di basso livello ricevano un’attenzione esagerata mentre quelle importanti siano ignorate. E spesso diventa controproducente, quando le promesse non si concretizzano e la fiducia nella comunità scientifica ne esce danneggiata».
Forse così si spiega almeno un po’ il paradosso di un’epoca in cui vita e tecnologia hanno raggiunto un livello di integrazione fortissimo, ma in cui la sfiducia nella scienza è tra le poche ideologie capaci di muovere le masse.
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