Politica

Il governo nella tenaglia di Renzi tra cuneo fiscale e legge elettorale

Il governo nella tenaglia di Renzi tra cuneo fiscale e legge elettoraleMatteo Renzi (Italia Viva) – LaPresse

Lo scontro Il gioco d'azzardo del leader di "Italia Viva" nella maggioranza. «Così non si può andare avanti», è lo sfogo alla fine di uno dei vertici defatiganti

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 13 ottobre 2019

Uscito (momentaneamente) di scena un Matteo, ne spunta un altro: non meno agguerrito di Salvini, forse di più. La lettera di Renzi al Corriere della Sera di ieri è suonata all’orecchio dell’intera maggioranza come un segnale più allarmante di come non si potrebbe. Se l’ex premier, sprezzante, derubrica il taglio del cuneo fiscale a «pannicelli caldi», se si arroga il merito di aver impedito da solo l’aumento dell’Iva, se boccia l’intera impostazione economica del governo, proponendo invece una politica centrata sullo «spendere meno in beni e servizi, rimodulare il debito e tagliare le tasse», è segno che la guerra nella maggioranza è cominciata. Renzi ha tutte le intenzioni di far ballare il governo alla sua musica sino al momento in cui riterrà opportuno chiudere l’ossigeno per Conte. Non fa nulla per mascherarlo.

La reazione di Conte, durissima, con toni che ricordano quelli adoperati nell’ultima fase del governo gialloverde rivolto a Salvini, si spiega così. Con la convinzione che Renzi vada fermato subito e che per bloccarlo ci sia una sola via: metterlo di fronte al rischio di provocare le elezioni anticipate prima che la sua «Italia Viva» sia davvero vegeta e pronta ad affrontare la prova. Il premier va giù durissimo: «Non abbiamo bisogno di fenomeni. Tutti devono partecipare con massimo impegno e determinazione all’azione del governo». Sull’esiguità del taglio del cuneo: «Non parlerei di pannicelli caldi: per i lavoratori bisogna avere rispetto». Infine il tema che già da giorni manda in bestia l’inquilino di palazzo Chigi, l’Iva: «Rappresentare agli italiani che è stata presa una decisione da cui poi si è tornati indietro significa mistificare la realtà ed è gravissimo».

È il «la». Segue il coro, al quale partecipano tutti: gli esponenti del Pd, dell’M5S, di LeU. A partire da Di Maio: «Bisogna abbassare i toni e lavorare tutti. Non abbiamo bisogno di litigi e tensioni». Zingaretti, in effetti, tiene a freno la lingua: «Oltre all’auspicio di ridurre il cuneo bisogna indicare dove trovare le risorse». Ma la pacatezza del segretario non deve trarre in inganno. Nel Pd preoccupazione e irritazione, appena temperate dalla speranza che l’offensiva sia anche se non soprattutto finalizzata a lanciare la Leopolda, sono alle stelle. Il monito di Enrico Letta è in realtà condiviso da molti: «Conte e Zingaretti hanno il coltello dalla parte del manico. Facciano un patto e se Renzi non lo rispetta si vada al voto. Una maggioranza non può andare avanti in un Vietnam quotidiano e se si va avanti così il governo non mangia il panettone».

Forse Letta esagera in allarmismo. Ma mette il dito nella piaga, che non si limita affatto solo alle già contundenti sparate di Renzi. La guerriglia è invece quotidiana, i renziani martellano strenuamente su ogni punto. La trattativa sulle norme per i Riders è stata estenuante, anche perché quando i renziani vanno all’assalto una parte del Pd li segue. «Così non si può andare avanti», sbotta uno dei partecipanti ai defatiganti vertici degli ultimi giorni: «Renzi ha tutto l’interesse a salvare il governo, ma se continua così lo affonda». Il guaio con Matteo Renzi, giocatore d’azzardo per vocazione, è che non si sa mai se la puntata forte, come il monito di Conte di ieri o la minaccia estrema di una crisi, lo spingerà a passare o invece a rilanciare, nella convinzione che gli altri giocatori abbiano da perdere quanto lui ma abbiano più di lui paura. Ieri i renziani hanno replicato in massa alle bastonate di Conte, e Renzi, anzi, ha aperto un nuovo fronte sulla legge elettorale: «Io aborro il proporzionale, ma se si vuole fare il maggioritario lo si deve fare sul serio». Il ragazzo di Rignano, inoltre, conta sulla oggettiva difficoltà, per Pd e M5S, di fare davvero fronte comune contro di lui. Non ci sono riusciti sull’Iva, non ci riusciranno sulla giustizia e sulla prescrizione, fronte incandescente che vede di nuovo i due partiti principali della maggioranza l’un contro l’altro armati.

Ma il vero pericolo per Conte, in prospettiva, lo ha illustrato ieri il renziano Faraone: «Ci sono solo due leader in campo: Salvini e Renzi». Quando sarà il momento, Renzi proverà a schiacciare Conte nella tenaglia dei due Mattei.

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