Lavoro

Il governo costretto a prendersi l’ex Ilva. Penultimatum a Mittal

Il governo costretto a prendersi l’ex Ilva. Penultimatum a MittalLa protesta dei lavoratori dell'ex Ilva – Foto LaPresse

L'acciaieria di Taranto A palazzo Chigi i ministri ai sindacati: cerchiamo un divorzio consensuale entro mercoledì, senno sarà commissariamento

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 12 gennaio 2024

La scelta – obtorto collo – è stata presa. Lo stato tornerà proprietario dell’ex Ilva. Il riluttante governo Meloni è costretto a farlo dal comportamento irresponsabile di Arcelor Mittal. Ma a parte questo, non ci sono certezze sul futuro di Taranto e degli altri stabilitmenti. Neanche sullo strumento legale con cui il pubblico prenderà il controllo del gruppo siderurgico che dà lavoro a 20 mila persone.

L’INCONTRO DI IERI SERA a palazzo Chigi si è infatti concluso con l’ennesima fumata grigia, l’ennesimo penultimatum, l’ennesima dimostrazione di non avere le idee chiare e una politica industriale. L’infinita vertenza ex Ilva vivrà un’altra tappa del lungo calvario nel tentativo in extremis del governo Meloni di trovare un accordo sull’uscita dei franco-indiani di Mittal: una buona uscita da riconoscere a chi da anni sta boicottando produzione e bonifiche ambientali pur di non investire un euro. Il tutto per evitare uno scontro legale.

Le dichiarazioni forti contro Mittal in parlamento al primo pomeriggio del ministro Urso lasciavano sperare in una linea dura da parte del governo. E invece ai sindacati è stata annunciato un «divorzio consensuale» per evitare un lungo contenzioso legale.

«Entro mercoledì – è questa la nuova ed ennesima scadenza – si saprà se ci sono le condizioni per arrivare ad una intesa su questo tipo di scenario, in queste ore sono al lavoro i legali dei due soci», hanno dettato fonti del governo alle agenzie durante l’incontro.

La convocazione serale a palazzo Chigi già non preannunciava buone notizie: che sarebbero rese note a telegiornali della sera passati e attenzione mediatica ridotta.

Nella sala monumentale il tavolo di confronto tra il governo e le confederazioni sindacali è stato comunque condotto dal ministro delle Imprese e del made in Italy. Quell’Adolfo Urso che in estate era stato commissariato da Giorgia Meloni e sostituito con Raffaele Fitto, fautore di un nuovo accordo con Mittal.

Tanti preziosi mesi sprecati. Con il dietrofront di ieri a certificare il fallimento dell’attuale governo. Fitto ieri ha comunque imposto la linea del «divorzio consensuale», assieme alla ministra del Lavoro Marina Calderone, con Giancarlo Giorgetti in videocollegamento assieme al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano.

All’uscita i sindacati si sono dichiarati soddisfatti per avere avuto riconosciuta finalmente la giustezza delle loro richieste sulla nazionalizzazione, ma guardinghi sulla nuova partita che si aprirà – si spera – da giovedì, quando saranno riconvocati dopo la scadenza data a Mittal per un accordo consensuale.

Finalmente lo stato si fa carico della produzione e promette di tutelare i lavoratori. È stata una lunga battaglia ma l’abbiamo portata a casaMichele De Palma (Fiom)
Se sarà commissariamento o amministrazione straordinaria la strada da percorrere, le incognite sono molte: i crediti alle imprese in appalto verrebbero congelati con gravi conseguenze per i lavoratori di queste piccole imprese a Taranto.

«Finalmente ci siamo», commenta soddisfatto all’uscita il segretario generale della Fiom Michele De Palma. «Il governo ha deciso di non tornare più indietro, proseguendo sulla strada per assumere la gestione dell’azienda. Abbiamo chiesto che anche negli eventuali ammortizzatori che saranno utilizzati e concordati tra azienda e governo ci sia il fatto che i manutentori, quelli che tengono in piedi gli impianti, siano messi nelle condizioni di poter lavorare. Abbiamo detto all’esecutivo che la garanzia per il futuro è l’occupazione di tutte le lavoratrici e i lavoratori. Non possono pagare il prezzo delle scelte sbagliate di manager e proprietà», ha sottolineato.

Abbiamo acquisito un risultato non scontato, gli indiani non ci saranno più. Noi saremo i testimoni di un divorzio voluto da chi lavoraRocco Palombella (Uilm)

«L’UNICA COSA CERTA ora è che indietro non si torna. Da giovedì vogliamo un’Ilva libera da ArcelorMittal, perché siamo di fronte a un socio privato che non ha rispettato gli impegni previsti dagli accordi e che non vuole più investire sul futuro degli stabilimenti. Il governo ci ha assicurato che ci sarà la salvaguardia occupazionale di tutti i lavoratori, anche quelli dell’indotto», commenta il segretario generale della Uilm (ed ex operaio a Taranto) Rocco Palombella. «Ora è il momento delle scelte radicali per uscire da questa situazione drammatica. È il momento di far vedere che uno stato come l’Italia non può essere ostaggio di una multinazionale».

«L’AZIENDA VERSA in condizioni che necessitano di scelte in tempi brevi – osserva il leader Fim Cisl Roberto Benaglia – . Non si può continuare a gestire sotto ricatto l’azienda. Il governo vuole non solo garantire la continuità aziendale, ma immettere nuove risorse. Per la Fim comincia una fase nuova, c’è bisogno di rapidità e soluzioni condivise. È un passaggio molto difficile da fare».

«IL CONFRONTO CON IL GOVERNO è stato scarno – commenta Sasha Colautti dell’Usb – . Abbiamo chiesto la continuità aziendale e la tutela dei lavoratori. L’amministrazione straordinaria la temiamo, è lo strumento meno adatto perche’ rischia di causare grossi impatti sui lavoratori dell’appalto», conclude.

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